Padre: “Cosa ne farai delle mie migliaia di dischi,
che ti troverai in casa quando io non ci sarò più?”
Figlia: “Mah, non lo so… credo che li terrò lì per un po’ e poi…
...boh, magari li venderò”.
Vuole la leggenda – e sappiamo quanto la mitologia sia fondamentale nel rock – che la bionda
Lindsey Troy (già chitarrista e cantante in un precedente duo,
The Pity Party) e la mora
Julie Edwards (oggi sua partner alla batteria e vocals) si siano conosciute ad un corso di… uncinetto (!) nella ridente Silver Lake presso Los Angeles, dove la seconda insegnava l’arte dell’ago e del filo alla prima.
Per fortuna, scoprirono d’avere in comune anche la più “maleducata” passione per il blues: nascono così le
Deap Vally, un duo femminile che dal 2011 ad oggi è già riuscito ad aprire concerti di
Iggy Pop, degli
Ealgles of Death Metal di Josh Homme, di
Thurston Moore e
Dinosaur Jr., venendo candidate a ‘best new band’ dalla rivista
Classic Rock Magazine.
E questo, per chi come il sottoscritto si lamenta da un po’ di tempo in qua di accorgersi che va dedicando le proprie attenzioni a musicisti sempre più attempati, è davvero un gran piacere: era dalla scoperta dei
Dresden Dolls (coll’album omonimo del 2003) o dei
White Stripes (con
White Blood Cells del 2001) che non avevo più risentito quel brivido di eccitazione di quando ti dici “wow, ho messo le mani sulla nuova
big thing del rock”. E frattanto mi chiedevo: cosa ricorderemo di questa prima decade del 2000 fra 20 anni? Ed ecco che ci esce ‘sto nuovo duo: curioso, no? Sembra che il formato coppia sia molto trendy al momento (forse è più economico).
Espressionista e per forza colto, di nicchia, il
punk-cabaret dei Dresden, esploso a inno da stadi il garage blues scarnificato degli Stripes, in seguito arricchitosi di umori – e strumenti – fino ad essere paragonati a dei nuovi
Led Zeppelin dimezzati. E proprio questa è la cifra delle due ragazze californiane (ignota l’età, ma dubito che arrivino ai 30): anzi, secondo qualcuno, il limite (“sono uguali ai White Stripes”).
Il che è anche vero, non c’è che dire. Eppure… eppure, anche la consapevolezza di non star sentendo nulla di particolarmente nuovo non mi toglie l’elettricità che mi ha caricato subito, appena ho sentito/visto i loro primi clip su YouTube: i singoli
End Of The World e
Gonna Make My Own Money , oppure
Bad For My Body (da cui il titolo dell'articolo), e poi l’intero loro primo album
Sistrionix (uscito nel novembre del 2012 per la storica etichetta Island, copertina qui a destra). Il quale, se è vero che quella miscela ci offre dal principio alla fine, va anche detto che non soffre di un calo di tensione per tutte le 14 canzoni che conta (nella special edition iTunes), dai vagiti di
Baby Call, colla sua chitarra trattata, a
Raw Material, da
Woman Of Intention al profondo blues lento,
Six Feet Under.
Quale miscela? Quella che si diceva: un blues rock chitarristico e graffiante, servito da una voce che – come ha notato
Paul Lester sul Guardian –
“fa sembrare Janis Joplin quasi Scott Joplin” (che non è proprio nulla, eh); voce, paragonata anche a un
Robert Plant al femminile, che gratta su un tappeto minimale di chitarra urticante hendrixiana (anche qui riferimenti alti) e batteria.
Minimale ma tutt’altro che minimalista: le
Thelma & Louise rockettare scuotono con un torrente sonoro in piena manco suonassero in cinque. E si fan guardare – il che pure non guasta nel rock, si sa – facendosi ritrarre volentieri in pose da vere “ragazzacce r’n’r (degne figlie della
Joan Jett di
Bad Reputation) o andando sempre sul palco selvaggiamente sexy a piedi nudi ambedue, come notate nelle foto che illustrano l’articolo (tutte spigolate dal web, Posthuman ringrazia gli ignoti autori, NdR).
La prova del nove di quanto sopra la ricevo personalmente notando la Figlia della citazione in apertura dell’articolo – quella che da anni transita fra le migliaia di cd e vinili del papà nel più assoluto disinteresse – che, sentendo uscire le
Deap Vally dagli speaker del PC, commenta ancheggiando: “non male questa. Ecco, vedi che c’è anche qualche canzone tua che mi piace?”.
Come leggete nel calendario del tour stampato sopra l'ultima foto qui sopra a sinistra, la conferma si attende il prossimo 30 novembre, sul palco del Covo di Bologna.
No, non è ancora finita col rock, la chitarra urlerà ancora...
Mario G