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La Gatta su quel tetto che brucia i miti borghesi

Written by  15 May 2025
Published in Teatro
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Dopo il debutto in prima nazionale il 29 aprile a Torino, dal 13 al 18 maggio è al Teatro Mercadante di Napoli La gatta sul tetto che scotta di Tennessee Williams  diretto da Leonardo Lidi con Fausto Cabra nel ruolo che al cinema fu di Paul Newman.


GattaGrande emozione per il debutto napoletano (locandina a destra, sopra al titolo una scena di gruppo) del testo del 1955 firmato dal grande drammaturgo statunitense Tennessee Williams (1911-1983), che con esso vinse il suo secondo Premio Pulitzer, un'opera sempre troppo poco rappresentata sui palcoscenici italiani. A colmare la lacuna ci ha pensato Leonardo Lidi, giovane (1988) ma già affermato talento registico, che ha portato in scena la versione “proibita” del drammaturgo americano (nella nuova traduzione di Monica Capuani), la stessa che i suoi contemporanei avevano imborghesito ed edulcorato per la versione cinematografica; un affronto all'opera originale emblematicamente espresso nell'appassionato bacio del finale del film tra Paul Newman e Liz Taylor (La gatta sul tetto che scotta di Richard Brooks, 1958), del tutto assente dalla drammaturgia.


Lidi cancella dunque il ricordo del cult hollywoodiano che tutti avevamo ben scolpito nella testa per riportarci alla vera essenza dell'opera di Williams, così legata nelle tematiche e nella costruzione dei personaggi all'idolo e punto di riferimento del drammaturgo: Anton Cechov.Gatta
L'apertura del sipario crea una rottura immediata dell'immagine rassicurante e ovattata della magione in stile coloniale che ci si aspetterebbe di vedere. Il palco infatti è un abbagliante cubo di marmo bianco, più una cella che una stanza, con un'unica via d'uscita costituita da una porta mobile, che a volte copre e a volte rivela, come uno specchio, il vero volto dei protagonisti.


In quest'unica scenografia si sgranano le tensioni della famiglia Pollitt, che vengono usate come metafora per una lucida critica all'ipocrisia della società patriarcale americana degli anni Cinquanta, terrorizzata all'idea di vedere smentiti i propri valori. La coppia di coniugi Brick/Maggie rappresenta infatti la pericolosa crepa nelle loro illusioni: entrambi i coniugi sono considerati dei falliti perché non hanno raggiunto lo status necessario richiesto, ossia creare una famiglia con gli stessi identici criteri dei padri, per clonarsi all’aureo modello WASP di partenza.

GattaMaggie, interpretata da una spiazzante Valentina Picello, irrompe in scena con la furia della pantera, agli antipodi dall'interpretazione sorniona che ci aveva offerto la Taylor; una donna spezzata e furiosa perché non madre. E qui la storia si biforca, perché se da un lato vediamo Maggie disperata perché ama il marito con ardore e desiderio, ma che lo incolpa perché - rifiutandole l'intimità - la costringe nel reietto ruolo di donna a metà, dall'altra lui la respinge con disprezzo e crudeltà, perché seduttrice dell'uomo che Brick ama veramente, Skipper. Entrambi quindi imputano il proprio malcontento all'altro, un fosso in cui l'amore va a seppellirsi.


GattaIl loro dolore diventa un terzo personaggio-ombra, che calca silenzioso il palcoscenico: il fantasma di Skipper perseguita la coppia e accompagna Brick come un'ombra. Trovata eccellente e molto intensa, soprattutto la scelta di descriverlo come un Gesù sofferente; la posa della Flagellazione di Piero Della Francesca (che ripassate nella riproduzione qui a sinistra, NdR) è stata molto evocativa.

GattaLa disposizione prospettica dei personaggi in scena ha reso la citazione molto potente. Skipper personifica la lama che ha squarciato il velo dell'ipocrisia, che ha aperto la crepa dentro cui adesso Brick annega, tra le bottiglie di whisky vuote che si moltiplicano sulla scena, creando un giardino di vetro dentro cui gli attori si muovono come in una gabbia, mostrandoci l'alcolismo del protagonista come una malattia collettiva, il veleno che anestetizza ma uccide lentamente la famiglia che aveva costruito il patriarca secondo i propri lignei dettami.


GattaTutta l’azione ha luogo nella stanza di Brick, il cubo bianco come una cella, tutti i suoi fantasmi si muovono attorno a lui in un turbine quasi circense di personaggi cechoviani al limite della farsa, come se lui stesso guardasse lo spettacolo di cui sente il peso esistenziale di essere protagonista. É Brick la mina vagante che, attraverso la sua relazione con l'amico di gioventù Skipper, rompe tutte le regole precostituite mettendo fine al mondo che aveva immaginato per lui il padre.


GattaBrick rappresenta quel modello giovanile che proprio negli anni Cinquanta trova le sue radici; i “ribelli senza causa” di cui il film Gioventù bruciata (1955, e quello era proprio il titolo originale, a sinistra la locandina) è vessillo. Nel film di Nicolas Ray, uscito nelle sale un anno dopo che Williams scrivesse La gatta sul tetto che scotta, Jim/James Dean combatte il medesimo scontro generazionale che vive Brick ne “La gatta” (a destra il poster del citato film del '58).
GattaSia Brick che Jim hanno il coraggio di urlare le loro fragilità al mondo, anche a costo di soccombere e non venire compresi. Sono i figli del boom economico, del benessere e del famoso “sogno americano”. Per la prima volta nella storia i giovani vivono il vuoto esistenziale, che letterariamente aveva anticipato Proust scrivendo della malinconia e che ha poi sublimato David Foster Wallace rendendo la noia una trascendenza esistenzialista.


Fausto Cabra (QUI già trattato nella sua veste registica, NdR) interpreta un Brick che governa magistralmente il palco, con la ruvida dolcezza di un James Dean mescolato a Pierrot, che saltella su un piede solo (letteralmente) da momenti di rabbia furente a catatonie di pura tristezza. Ingolla con gesti liturgici l'anestetico whisky, che gli porge il fantasma di Skipper. interpretato da Riccardo Micheletti, il Messia sofferente e silenzioso che fluttua sulla scena etereo. Il finale sentenzia definitivamente il distacco dal film di Brooks, paragone inevitabile per lo spettatore che non aveva visto il dramma nel suo ambiente naturale, il teatro.


Ma come ho già detto l'intento di Lidi era proprio questo, sporcare di realtà il racconto come avrebbe voluto Williams, come parlare dell'omosessualità apertamente con parolacce e imprecazioni, e dargli il finale amaro che dà senso all'intera opera. Una tempesta di tensioni che si intrecciano attorno alla coppia sfinita, piegata. Brick sente finalmente il click nella testa che la quantità giusta d'alcool gli avrebbe garantito, l'interruttore che finalmente avrebbe spento il dolore della sua anima, e zittito i suoi fantasmi. Ma forse si tratta del suono della rottura definitiva, mentre Maggie, come una Eva tentatrice, gli sussurra la soluzione, la menzogna che li salverà, sottomettendoli al giogo dal quale cercavano di liberarsi.


In scena: Valentina Picello, Fausto Cabra, Orietta Notari, Nicola Pannelli, Giuliana VigognaGiordano Agrusta, Riccardo Micheletti, Greta Petronillo, Nicolò Tomassini. Le luci sono di Nicolas Bovey, i costumi di Aurora Damanti, il suono di Claudio Tortorici.
Al Teatro Mercadante Teatro Nazionale di Napoli fino a domenica 18 maggio.

 

Ava N. Gard

Last modified on Thursday, 15 May 2025 16:07
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