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Maghi elettrici al Fillmore

Written by  19 Mar 2012
Published in Musica
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Serata doom con gli inglesi Electric Wizard preceduti dagli italiani Doomraiser, Shinin’ Shade, Talisman Stone e Caronte in un concerto molto ‘lovecraftiano’ a Cortemaggiore. Recensione e riflessioni sul rock italiano.

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Quando ero un imberbe rockettaro quindicenne – sì, doveva essere il 1979 – ricordo d’aver letto una recensione di un concerto milanese dei Kiss sul Giornale di Montanelli (quotidiano di famiglia nell’era geologica in cui i quotidiani facevano ‘persino’ recensioni dei concerti a posteriori e non solo annunci copiati dai relativi comunicati stampa!).
Non ricordo l’autore del pezzo ma il contenuto sì: i Kiss avevano messo in scena l’ormai usuale baraccone di botti, fumi, laser pour epater con il loro hard rock plateale e roboante. Quasi quasi si finiva per preferire la band di supporto, dei giovani inglesi molto più asciutti scenograficamente e sostanziosi musicalmente. Il recensore probabilmente non aveva passato le nottate sugli assi della new wave of british heavy metal, ma c’aveva visto giusto: i giovani inglesi erano gli… Iron Maiden!


Col tempo io mi sono concentrato sulla musica indie di derivazione punk wave, ignorando le evoluzioni del metal per molti anni fino al grunge e al crossover misto rap/funk dei primi ‘90. Le ho recuperate in tempi più recenti, cercando di colmare le mie lacune sul thrash, il black, il death, l’industrial che erano seguiti a quella stagione (quella dei Maiden e dei Motorhead), fino a scoprire nel doom la corrente che al mio orecchio riuniva il mood catacombale del dark degli anni ’80 all’impostazione di base del brano metal, anche con ampi affondi negli archivi dell’hard anni ’70 (Black Sabbath su tutti) e della psichedelica più inquieta e spaziale, ad esempio degli Hawkwind (riscopriteli se non li conoscete, sta per uscire il loro nuovo album).

Nel doom, dicevo, i miei assi sono stati i Type O Negative del compianto Peter Steele, gli inglesi My Dying Bride, qualcosa dei Paradise Lost e loro, i più alternativi Electric Wizard, colle loro copertine dai caratteri ultrapsichedelici vintage, grondanti streghette seminude e immagini di messe nere da film di Bava o Jess Franco. Brani interminabili come mantra, iterazioni di chitarre riverberate che sovrastano vocal con l’eco in una stordente orgia sonora neosabbathiana da overload sensorio.
Aggiungo un gusto del tutto personale, secondo me le voci femminili di band come Jex Thoth o Wooden Stake apportano un piacevole contributo all'impasto sonoro, senza nulla togliere con ciò all'espressività dei cantanti maschi delle band sopra citate.

Ecco, quel ricordo giornalistico-rock del ’79 mi è tornato alla mente la sera di sabato 17, quando ho visto al Fillmore di Cortemaggiore la serata all-doom che vedeva come headliner gli Electric Wizard, degnamente preceduti da quel bulldozer sonoro dei romani Doomraiser, a loro volta introdotti da un trio di band italiane più giovani: i Caronte (che purtroppo ho perduto pressoché del tutto per cause d’orario), gli emiliani Talisman Stone e Shinin’ Shade.

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Una serata ad elevata dominante lovecraftiana, se notate, dato che il Solitario di Providence – notoriamente caro agli horroristi Electric Wizard – non solo dà il titolo all’album dei Doomraiser (del validissimo ed evoluto “Mountains of Madness”, ricco di aperture prog, si è già parlato QUI), ma anche all’originalissimo album psycho-kraut-doom dei Talisman Stone (programmaticamente Lovecraftopolis), in cui le atmosfere spesse e pesanti come sudari non si sono allentate per un istante.


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E perché ricordo l’articolo Kiss/Maiden allora? Perché anche stavolta – almeno al mio orecchio – le giovani band che non conoscevo, e che sentivo lì per caso in attesa dei nomi già noti, mi hanno riservato le sorprese più sfiziose. I Doomraiser dal vivo infatti induriscono ulteriormente la loro miscela, il moog al centro del palco viene titillato dal cantante Cynar solo in apertura e chiusura di qualche brano e le atmosfere space psichedeliche più gustose delle registrazioni in studio cedono nettamente il campo ad un muro di suono più programmaticamente metal, sicuramente d’impatto ma anche più monocorde.


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Lo stesso discorso vale per le ‘star’ Electric Wizard, attese da un 500 fan circa, ormai belli carichi e in grado persino di riconoscere ai primi accordi i brani, che invece a un ascoltatore meno preparato possono sembrare praticamente tutti uguali, sotto una coltre di feedback chitarristici alle soglie del dolore, che anche qui sacrifica all’impatto frontale monolitico echi e riverberi più psichedelici, che forse avrebbero giustificato maggiormente la proiezione sulle pareti di un sexy horror cult rétro come Exorcism/El Sadico de Notre Dame proprio di Jess Franco.


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Invece, sorpresa sorpresona, scopro che i parmensi Shinin’ Shade
fanno un hard rock che – se dal vivo non suona proprio originalissimo – è tuttavia animato dalla notevole voce femminile di Jane-Esther Collins, carica, intensa e bluesy. Se recuperate il loro mini album “Slowmosheen” (purtroppo solo 4 brani) scoprirete però che in studio suonano assai più rilassati, policromi e (scusate se insisto ancora una volta con quest’aggettivo che nella critica musicale è stato usato per definire un po’ di tutto) psichedelici, con retrogusti quasi Coven/Jeffersonairplaniani, se mi l’accostamento non vi pare blasfemo. Un ascolto molto piacevole, diciamo dei Sabbath Assembly meno gospel e più rock, anche se meno duri di Jex Thoth (cui han già fatto da spalla).
QUI assaggiate il primo videoclip tratto dal loro ep, "Square the Circle".

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Ancora più originale l’impianto sonoro del trio Talisman Stone
: due bassi elettrici, impugnati da Andrea Giuliani – che si alterna anche al sitar e al canto baritonale (foto sotto a sinistra) – e da Erica Bassani, principale vocalist del combo (foto qui a destra), che lo usa con accordatura ed effetti in grado di svolgere la parte dell’assente chitarra (come in passato avevo sentito fare solo a Tod A dei Cop Shoot Cop in ambito più industriale).

I loro lunghi brani sono autentici mantra psychorientaleggianti che sanno di incenso e candele profumate, Pink Floyd e Ash Ra Tempel (la batterista Lucia Centolani sul disco usa anche le tablas), in cui il doom emerge per la prevalenza dei toni bassi dello spettro sonoro e di certi impasti incombenti creati dai due bassi elettrici distorti, ma la miscela è assai più personale e speziata di quanto la sbrigativa definizione ‘heavy metal’ (qui abbastanza fuori luogo secondo me) potrebbe far pensare.

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Se mai, penso che i Talisman incontrerebbero il favore di un guru psichedelico e amante del kraut come Julian Cope.
Anche il loro “Lovecraftopolis” è ascolto molto consigliato.
Trovate ambo i cd (qui destra la cover dei Shinin' Shades, lodati anche da Claudio Sorge di Rumore, a sinistra quella dei Talisman Stone) sull'etichetta dei Moonlight Studios.

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Ok, facile che nessuno di loro diventi gli Iron Maiden di domani (né peraltro gli Electric Wizard possono ancora paragonarsi ai Kiss, nel bene e nel male).

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Però comincio a pensare che, abbandonata da anni la critica rock sulle riviste da edicola, forse una giusta missione per Posthuman sia il contribuire a valorizzare quel che si muove nel rock italiano, generalmente schiacciato dall’ignoranza generale o dall’esterofilia programmatica, anche quando non ha nulla da invidiare alle formazioni alternative che ci provengono da lidi più esotici e quindi cool per definizione.{mosimage}


E, per non penalizzare il doom d’importazione, i sopra citati Jex Thoth sono previsti in un’unica data italiana il prossimo 18 maggio al Carlito’s Way di Retorbido, vicino a Pavia. Io non vorrei perderli.



Mario G


(Nota: purtroppo disponiamo di foto del concerto al Fillmore solo per i Talisman Stone, le immagini che vedete associate alle altre band - a parte le cover dei dischi - sono di repertorio.
Posthuman ringrazia tutti i rispettivi fotografi e autori)

Last modified on Wednesday, 21 March 2012 17:38
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