"Cinque scene - El Miedo, Arengas, Domesticación, Conversión, Todas Muertas - descrivono la storia, le forme, gli obiettivi e il non senso del Potere. Di un Impero che prima che stare nelle cose abita le menti, le pervade, le adatta a sé anche quando esse sembrano ribellarsi.
In uno spazio affollato dagli spettatori, direttamente coinvolti nelle vicende e nella violenza rappresentata, si elevano piramidi, gru, corde. Da queste geometrie si staccano i soggetti del dominio, nel doppio genitivo di chi ordina e di chi subisce.
Tutte donne dai cui corpi si sprigiona la sensualità, l'implacabilità, la fecondità del comando.
La musica restituisce la raggrumata densità dei movimenti scenici, che sembrano tornare alla semplicità del gesto primordiale, quello che fonda insieme natura e civiltà, che dà e riceve morte, perché altro nelle cose non sembra darsi se non questa furia dei corpi: «la morte come desiderio si trova davvero ovunque, e non è necessario scavare molto nell’uomo per trarla alla luce» (Elias Canetti, Massa e potere)".
Queste brevi ma affilate parole ci offre Alberto G. Biuso, docente di Filosofia della Mente all'Università di Catania, a margine della visione dell'ultima performance furera, in cui abbiamo sudato insieme, con le 16 amazzoni catalane, fotocamera al collo e rischio di finire vittime dell'attacco frontale della compagnia!
Cosa aggiungere? Non molto, ché il significato dello spettacolo Imperium (nel link un breve video da YouTube, QUI la photo gallery degli scatti di Mario al PalaSharp) sta qui, concreto e brutale, sbattuto sulle facce nostre e del divertido pubblico milanese.
E qui sorge il primo dubbio, percepito anche in altri loro lavori, una volta che la loro proposta è diventata 'famosa' a livello internazionale: ma il cosiddetto messaggio, quello ci arriva davvero allo spettatore, o l'alternativo medio va a rischiare lo spruzzo d'acqua+farina, la mazzata di gomma un po' come al luna park o a un qualsiasi concerto metal? Vedendo le facce sorridenti di chi cerca la pole position vicino alle intense performer catalane il dubbio è lecito. E' ormai diventato tutto un baraccone?
E' un po' l'interrogativo del punk: urlo, sputo, faccio rumore, mi getto dal palco.
E se poi ho successo che faccio? Se lo ripeto sono già alla maniera di me stesso, sto vendendo il prodotto-trasgressione, se evolvo sarò criticato per aver perso l'originale naiveté.
Imperium, con la sua drammaturgia molto sottile al di là della violenza, dà a questo dubbio una risposta altrettanto sottile e inquietante: il messaggio siete voi, non vi vedete? Eccovi lì che ridete, proprio come le donne oppresse dalla dittatura postapocalittica inscenata, che si fanno torturare sul palco, che si esibiscono nei gesti dell'eros mescolati a quelli della sudditanza, che becchettano il mangime dalle mani della neoleader, anche a costo di farsi bastonare ad ogni boccata.
Nello spettacolo l'aspetto glamour, mediatico, esibizionista del moderno potere è molto ben sottolineato. E appare chiarissimo il segno della dittatura del terzo millennio: mentre tutti i totalitarismi della storia hanno cercato il controllo della cultura, della storia, dell'istruzione e dei media per celare le proprie malefatte, negarle al mondo... Oggi no: il postleader non si nasconde, si esibisce anzi, fa della soperchieria spettacolo. LO spettacolo, per esser più precisi, l'esibizione della forza e della tracotanza, l'unico linguaggio che l'umane genti paion geneticamente portate a recepire, dai circenses ad oggi.
Perché celarlo? A loro piace..... non è importante che li torturo, l'importante è che mentre ne strazio uno gli altri possano divertirsi a guardarlo, in diretta no?
Il pubblico, di cui vien da chiedersi la partecipazione ideale, ideologica, al discorso messo in scena da Jurgen Muller e i suoi è tutt'uno con le interpreti (ecco il vero senso del trovarsi fisicamente in scena!), sono quelle stesse persone - tutti noi - che becchettano il loro regime televisivo di violenza e volgarità esibite e non san fare a meno di accettar di consumarne i prodotti e i sottoprodotti, come nei video d'animazione in cui l'omino stilizzato mangiavomitacaga un continuum di 'roba', in un loop senza senso.
Il pubblico, se è colto, magari becchetta anche La Fura dels Baus.
Poi esce, sentendosi alternativo.
Torna a casa.
E ricomincia a prenderle, su tutti i fronti.
Forse c'era da meditare più di quanto sembrava a prima vista.
Mario G.