"Only love... love will tear us apart, again"
(Joy Division)
Questa canzone, le struggenti parole di Ian Curtis usa l'attrice-regista Milvia Marigliano (la vedete nella foto di scena in apertura e in primo piano qui sotto a destra) come insistente colonna sonora della sua messa in scena del testo di Sarah Kane (fino al 30 al Teatro della Cooperativa di Milano).
Una messa in scena in forma di studio: un tavolo, cinque sedie, altrettanti attori quasi sempre seduti intorno al tavolo, come a un osceno banchetto (nudo). O a una dissezione chirurgica, propiziata dalle parole della disperata drammaturga inglese (scomparsa nel '99), taglienti come lame fra i denti.
Potete vedere QUI la fotogallery degli scatti di scena realizzati per noi da Dana De Luca.
La quale riscrive la tragedia di Seneca - a propria volta truce riscrittura dell'Ippolito di Euripide , nel '700 ripresa anche da Racine - trasportandola in un imprecisato e meschinissimo presente, in cui i personaggi reali - anche se tali solo di nome (i nomi del mito classico (Fedra, Teseo, Ippolito, Strofe) vengono fedelmente mantenuti - nel '96 evocavano di certo gli scandali sessuali che scossero in quel periodo la regal famiglia britannica.
Lo spiega già l'introduzione ai testi completi di Sarah Kane che trovate edita in Italia da Einaudi (cover a lato). Senza avvisarci che, nel 2011, essa dipinge a meraviglia (meraviglia del teatro) il telenovelico teatrino burlesque della politica italiana.
Privata del mito e di ogni remoto residuo di regalità, la tragedia del potere diventa esibizione spietata, porno show di corpi (individui è già un eufemismo) disperati e disperatamente privi della bencheminima ragione, non solo d'esrcitare governo e autorevolezza, ma anche solo di esistere.
Fantocci di carne che non riescono nemmeno più a trovare non diciamo l'amore ma neppure un lampo di ribaldo piacere nell'espletamento meccanico di un sesso che è consumo coatto di altri corpi, "plebei", che allo schifoso Ippolito si offrono a schiere, perché a quanto pare "lui piace a tutti".
Come osserviamo fare appunto all'umanità contemporanea che, persa ogni velleità di riscatto, di possibile rinnovamento politico o sociale, non sa concepire altro sogno che quello di essere toccata per un istante dal glamour di un amplesso anche col più infimo porco che rappresenti l'élite al potere, gli happy (?) few.
Subito pronto peraltro a sbranarlo in piazza l'attimo seguente, se i capricci dei mass media o della real politik smettono all'improvviso di coprirne l'immondizia coronando la sua inutile testa di gloria da soap opera. Ciò che appunto vediamo essere la vita pubblica in questo (in ogni?) momento.
Noi non ci troviamo interamente d'accordo con la scelta registica della Marigliano di privare la messa in scena (peraltro nata per una lettura al Teatro della Scighera, come ci ha spiegato la stessa attrice-regista) di qualsiasi dinamica fisica, corporea, peraltro segno incombente dell'intero testo della Kane che, pur quasi interamente dialogato nel chiuso di una stanza, di squarci densamente corporei non manca affatto. E forse qualche azione in scena si sarebbe potuta mettere in gioco anche in una produzione di povertà spartana quale certamente è stato questo Phaedra's Love.
Ci resta intatto comunque il doloroso e non frequente piacere di assistere a un lavoro della compianta Kane, che non è certo inflazionata sui palchi dello Stivale (negli ultimi anni ricordiamo solo la bellissima versione di Blasted di De Capitani); eppure (o forse proprio perché) ci sbatte in faccia un'urticante riflessione senza abbellimenti sul nostro presente.
Come anche sull'umana disperazione dell'assenza di amore. O di amori indicibili, come quello della protagonista Fedra (innamorata del figliastro), che "bruciano dentro" anche se nesuno potrà mai accettarli come tali.
Nemmeno nominarli.
Secrets are the things we grew
Learn from us very much
Look at us but do not touch
Phaedra is my name
(Lee Hazelwood)
Bravi tutti e cinque gli interpreti su cui tutto il lavoro pesa: più grotteschi i personaggi di contorno del medico (Tommaso Spinelli) e del prete (Roberto Azzurro), mentre le sfaccettature drammatiche più intense spettano alla bravissima Marigliano-Fedra e ad Alessandro (nomen omen) Pazzi, doverosamente disgustoso Ippolito. Ma anche Desirée Giorgetti (già vista in Mattatoio) sa dare al personaggio della figlia-sorella-amante incestuosa Strofe una presenza fisica e tragica tutt'altro che secondaria.
Se volete vederlo, affrettatevi, il tempo di Fedra in scena brucia svelto.
Mario G
N.B.: 1) Posthuman ringrazia Dana De Luca per le foto di Phaedra's Love, con le quali l'artista inizia la sua collaborazione con noi.
2) Ci piace segnalarvi una versione ancora più recente della tragedia di Fedra e Ippolito, condensata in due paginette di contratta, concentratissima poesia nel libro Versione 2.0 (ed. Tespi, cover a fianco), in cui Marco Di Stefano (autore-regista di Mattatoio) riduce 31 tragedie classiche alla più aspra sintesi di una lingua contemporanea ma non banalmente pop.