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Theodore Sturgeon - More than human

Written by  17 Jan 2007
Published in Riflessioni
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In questo appassionante romanzo del 1951, Sturgeon sviluppa un tema caro alla fantascienza degli anni 50, tema che verrà per certi aspetti affrontato anche da Asimov nel ciclo della Fondazione con esiti, pur nelle inevitabili differenze, convergenti.

La fantascienza degli anni 50 ha cercato spesso di immaginare l'oltre-uomo, interrogandosi senza sosta, sulla scia di echi Nietzschiani, sul futuro della specie.
Gli umani si evolveranno come è già successo in passato? Assisteremo a un nuovo salto di specie? E se sì, Cosa diventerà l'uomo?

Le risposte a questa domanda sembrano muoversi su due binari apparentemente paralleli, ma forse destinati a convergere:
da una parte lo sviluppo della tecnologia e di una civiltà tecnocratica, l'"homo tecnologicus", (il cui apice è spesso il cyborg), dall'altra lo sviluppo nell'uomo di poteri extra-sensoriali, che sembrano trovare il culmine nell'ideale telepatico di una risonanza delle menti, quasi che il vero salto di specie non sia nella generazione di "individui" mutati e mutanti, ma in un nuovo concetto di individuo. Come se la trasformazione fosse da ricercare in una sorta di fusione delle menti che farà nascere l'oltre-uomo come un macro-organismo.
L'oltre-uomo starà all'uomo attuale come ciò che noi siamo ai nostri organi in un ulteriore estremo salto di complessità dell'organismo.

"More then Human" affronta questa seconda sconvolgente possibilità.

Cinque bambini, nati mutanti e vissuti da sempre a margine dalla società civile che li considera come dei poveri idioti, delle abberrazioni della natura, o nella migliore delle ipotesi dei mostri inquietanti, sentono un improvviso richiamo che li avvicina progressivamente l'uno verso l'altro fino a renderli quasi un tuttuno.
L'unione dei loro poteri dall'origine sconosciuta (telecinesi, capacità di calcolo ed estrapolazione, teletrasporto, telepatia e ipnotismo) crea una sorta di unico corpo che cresce e diventa sempre più potente nella sinergia di informazioni velocemente condivise e nelle capacità di controllo delle menti.
L'"Uomo Gestalt", così si autobattezza Gerard, la "testa" di questo nuovo organismo, si trova però di fronte a una nuova terribile prova. Il potere illimitato di cui diventa consapevole lo rende crudele, infine lo consuma nella noia e nel cinismo. Ogni cosa perde di senso, tutto diventa vano e il seme del nichilismo si affaccia prepotente.

La verità è che l'uomo Gestalt non è ancora compiuto, ha bisogno di un cuore, e, assieme al cuore, di un'etica.
Un'etica che situandosi oltre la morale (e quindi oltre "le morali"sempre parziali di una singola società) sia capace di fare da guida, di trainare l'umanità verso un futuro non autoditruttivo.
Quasi che la morale, nel suo offrire regole per il comportamento degli individui, finisca inevitabilmente per anteporre gli individui al gruppo e il gruppo (la singola società) all'umanità, spingendosi sull'orlo di un vortice suicida e autolesionista.
L'ombra della passata guerra aleggia con forza in queste riflessioni e sull'America degli anni 50.
Molti scrittori si interrogano cupamente su questo scontro di civilta e di morali (l'America e l'Urss all'epoca), questo muro contro muro che rischia di trascinare il pianeta all'autodistruzione.
Tra alcuni si fa strada come un'eco quest'idea: l'individuo e le società non devono mai anteporre se stessi all'"umanità".
Solo quando verrà a contatto con un uomo capace di questo pensiero, un uomo che non ha nessun potere, ma che è più umano dell'umano, solo allora l'uomo Gestalt potrà diventare completo ed entrare in risonanza con altri come lui, con i suoi simili, altri uomini Gestalt che già esistono (e che sono forse esistiti da sempre) e che fanno quasi da entità guida dell'umanità, vigilando su di lei.


Questo tema viene affrontato anche da Asimov nel ciclo delle Fondazioni e nel ciclo dei robot,in entrambe l'idea guida è la stessa. L'individuo è solo una parte di un tutto più grande.
Solo questa prospettiva potrà garantire la sopravvivenza dell'umanità. Ma di questo parleremo un'altra volta.

"More than human", è davvero un romanzo da non perdere, non solo per la ricchezza di spunti riflessivi ma anche per la pregevole qualità della scrittura (una sorta di poema in prosa è stato definito da alcuni critici inglesi) e della costruzione narrativa (il romanzo è diviso in tre parti: ciascuna racconta una porzione temporale della storia con il punto di vista di personaggi diversi in un continuo processo di svelamento e colpi di scena) che raggiungono vette di rara altezza per la fantascienza, di solito più concentrata sull'immaginazione dei mondi futuri e sul plot puro.

Certo oggi più che mai sembra che questa fusione delle menti operata da individui mutanti possa essere realizzata non più attraverso poteri extra-sensoriali, ma attraverso la tecnologia e su scala sempre più vasta.
Il sogno della Rete come Luogo dell'accadere dell'umanità scorporata dagli individui è il sogno di questa "comunione" delle menti, di una connessione tra le parti-individui più simile a sinapsi neuronali e terminazioni nervose che al linguaggio a noi conosciuto?
E se così fosse, potrebbe fare a meno di un'etica? Cosa cesserebbe di avere senso? Cosa lo acquisterebbe?
E con questi interrogativi, vi lascio.

Last modified on Friday, 19 January 2007 11:15
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