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It's Raining Cats... Hallelujah! - 4/4

Written by  22 Apr 2012
Published in Progetti
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Terra finalmente? Si conclude l'odissea del gatto spaziale sull'Arca di Noè e con essa il racconto di Michele D'Angelo.

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Le puntate precedenti: PARTE PRIMA, PARTE SECONDA, PARTE TERZA.

Pronti a sbarcare? Siamo alle fasi conclusive...

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Con loro sommo sollievò, però, i cani passarono oltre senza trovare nulla e per i due giorni successivi Noè e i suoi figli setacciarono l'Arca da cima a fondo, cercando il clandestino. Inspiegabilmente, la creaturina sembrava scomparsa senza lasciare tracce. Perciò, seppure a malincuore, il vecchio rinunciò all'inseguimento, stabilendo che il gatto, preso dalla disperazione, doveva aver commesso l'infame atto del suicidio, gettandosi in mare per evitare la cattura. I suoi figli, abituati a dipendere da lui per ogni cosa, accettarono la spiegazione senza replicare. Tutti tranne Jafet e Tesbite, i quali rimasero in ansia per un'intera settimana, non riuscendosi a spiegare dove fosse sparito il loro piccolo amico.


A quel punto persino Noè, però, cominciava a preoccuparsi, anche se per motivi diversi.


- Dove potrà mai essere la terraferma? borbottava da mattina a sera, scrutando l'orizzonte.


Alla loro velocità avrebbero già dovuto coprire la distanza tra il punto in cui si trovavano e quello in cui la colomba aveva raccolto il ramoscello d'ulivo. Ma allora la terra dov'era? Alba dopo alba Noè e i suoi figli non vedevano altro che mare.


Poi, all'improvviso, un mattino Sem si accorse che l'acqua era più bassa e che si poteva tranquillamente vedere il fondo.


Verso mezzogiorno un grande lembo di terra era apparso all'orizzonte.


- Ah, Iddio sia lodato! declamò Noè, levando le braccia al cielo Un po' in ritardo, forse, ma l'ordalia è finita! Ecco laggiù la nostra nuova casa!


I fratelli si riunirono alla murata di prua per ammirare lo spettacolo del sole che tramontava dietro una bellissima catena di montagne rosate. Alle loro pendici si dipanava una rigogliosa foresta e torrenti e ruscelli scorrevano ovunque. Stormi di gabbiani, miracolosamente sopravvissuti al diluvio, volavano in cerchio sulla costa e banchettavano con tonnellate di pesci che, per qualche inspiegabile motivo, si stavano dibattendo sulla battigia, come se improvvisamente gli fosse stato tolto il mare da sotto le pinne.


- Vedi qualche gatto? sussurrò Tesbite al marito, scrutando la costa con apprensione.


Jafet scosse il capo. No. Il piano di Gattaccio ha funzionato, siamo finiti in un luogo sicuro a quanto pare.


- E lui dove sarà?


- Non lo so davvero, moglie mia. Non lo so davvero. rispose con espressione preoccupata.


L'Arca si incagliò dolcemente neppure un'ora dopo, spiaggiandosi come una balena ferita. Al colmo della gioia, Noè e i suoi figli scesero a baciare la terra, ottenendo solo una bella boccata di fango putrido al retrogusto d'alga. L'inconveniente però non scalfì il loro buonumore.


- Figli miei, presto! garrì il vecchio, energico come non mai – Aprite la stiva! Liberate gli animali!


Le donne si misero a cucinare i pesci che c'erano sulla spiaggia, raccolsero acqua pulita e frutti dagli alberi, cantando le lodi del Signore. Il sole era già sparito dietro i monti, ma il cielo rimaneva chiaro e madreperlaceo. Uno spettacolo da togliere il fiato.


Mentre Jafet e Tesbite si riposavano in disparte, appoggiati l'uno all'altra su una roccia, udirono uno strano sibilo provenire da qualche parte dietro di loro.


- Psst! Psst!


I due si voltarono e videro un paio di occhi gialli scrutarli da dietro un cespuglio.


- Gattaccio! sussurro Tesbite con aria felice.


- Sei vivo! fece Jafet, raggiungendolo e chinandosi accanto a lui. Gattaccio emerse dal cespuglio, camminando malfermo sulle gambe magre. Era grosso la metà di quando lo avevano visto l'ultima volta, segno che non era riuscito a nutrirsi come si deve.


- Il colpo d'occhio l'hai preso da tuo padre, eh? Sì, sono vivo. Anche se per un pelo. mormorò, stanco. Poi iniziò a fare le fusa, mentre i due giovani lo accarezzavano amorevolmente.


- Come sei sopravvissuto per una settimana senza mangiare? domandò Tesbite, curiosa.


- Credevo di morire, con quei cagnacci che setacciavano la nave a tutte le ore. Poi ho notato un piccolo anfratto sulla chiglia esterna dell'Arca, a poppa. Sono riuscito a raggiungerla e indovina un po'? Un corvo ci aveva fatto il nido.


- Un corvo?


- Già. Credo fosse quello che tuo padre aveva mandato a cercare la terra per primo. Intelligente, anche se un po' stopposo.


- Il tuo piano ha funzionato, Gattaccio! I tuoi simili non ci sono, qui. disse poi la ragazza, mentre Jafet correva di soppiatto vicino al fuoco da campo per rubare del pesce.


- Arriveranno presto. profetizzò lui E io devo sparire. Credono che sia morto nel diluvio, ma se mi trovano mi aspetta la corte marziale.


Tesbite si morse il labbro inferiore, preoccupata. Ma che succederà quando mio suocero vedrà i tuoi simili? Li attaccherà come ha fatto con te, pensando che siano diavoli!


- Proprio di questo volevo parlarvi. C'è una cosa che devo fare prima di andarmene...


Jafet tornò in quel momento con una piccola scorta di pesce che Gattaccio divorò avidamente. Ah, molto meglio! disse il micio, leccandosi i baffi – Sento tornare un po' delle mie energie.


- Cosa dobbiamo fare quando arriveranno gli altri gatti? domandò il ragazzo, evidentemente in ansia.


- Comportatevi come se non li aveste mai visti prima. Un po' come avete fatto con me. spiegò Gattaccio Fategli un po' di smancerie, un po' di coccole, qualche grattino dietro le orecchie dovrebbe bastare per convincerli che siete malleabili e facilmente controllabili. I gatti cercheranno di risultare simpatici a tutti, ma per non destare sospetti non imporranno la loro presenza a chi non vorrà o non potrà tenerli in casa. Voi dovrete fare così e rifiutarvi di tenerne uno. Accampate qualche scusa, non importa quale. In ogni caso verrete tenuti d'occhio giorno e notte dai gatti del vicinato, perciò attenti a non farvi scappare qualche parola di troppo o vi attende il lavaggio del cervello.


- Lavaggio... del cervello? fece Tesbite, grattandosi il capo.


- Un po' quello che sto per fare ai tuoi parenti, Jafet. disse il gatto, stringendo minacciosamente gli occhi in direzione di un cespuglio lì vicino Non è vero, vecchio caprone? gridò, in modo che potesse essere chiaramente udibile dal nascondiglio di Noè.


Il vecchio emerse da dietro le frasche, livido in volto, e si avvicinò minacciosamente a suo figlio e a sua nuora, brandendo un grosso randello di legno nodoso.


- Pa... padre! mormorò Jafet, spaventato a morte.


- Figlio degenere! ringhiò Noè, furioso E' così che ripaghi l'Onnipotente? Facendo comunella con il diavolo? Che la mia maledizione ricada su di te!


- Padre, non fare così! cercò di difendersi Jafet, alzando le mani. Gattaccio non è nostro nemico! Ci vuole aiutare!


- Bestemmia! gridò Noè, sollevando il bastone sopra la testa per colpire il figlio.


Tesbite si gettò contro di lui, gridando e abbracciandolo per farlo ragionare, ma Noè la ignorò e continuò a fissare Jafet con occhi di brace, stringendo i denti per la rabbia.


- Io... io...


- Padre! urlarono Cam e Sem, sbucando dalla boscaglia con le rispettive mogli. Erano stati attirati lì dal chiasso e ora fissavano increduli la scena che avevano di fronte.


Esasperato, Noè si divincolò dalla presa di Tesbite e la gettò nel fango, poi sollevò nuovamente il bastone e urlò, pronto a colpire il suo stesso figlio.


- Adesso basta! l'ordine di Gattaccio rimbombò nell'aria come un tuono. Noè spalancò gli occhi e lasciò cadere il bastone. Lui, Sem, Cam e le loro mogli si afferrarono il capo e caddero sulle ginocchia, incapaci di resistere alla volontà superiore della creaturina.


Tesbite e Jafet si raggiunsero e si abbracciarono, poi fissarono sgomenti Noè e gli altri che si genuflettevano dinnanzi al gatto, sbavando come neonati.


- Mi dispiace, Jafet. disse Gattaccio Ma questo è indispensabile per la vostra stessa sicurezza. I tuoi parenti devono dimenticare tutto, o metteranno in pericolo sia voi che loro stessi.


Il ragazzo distolse lo sguardo, incapace di sopportare quella crudeltà. Lo capisco bene. disse, tuttavia. Poi strinse Tesbite più forte. Fai quello che devi fare.


Gattaccio annuì e riportò lo sguardo sulle persone prostrate dinnanzi a lui.


- Ascoltate bene i miei ordini. disse, facendo rimbombare la propria voce con una forza inaspettata. Intorno a lui l'aria stessa sembrava quasi vibrare, mossa dalla potenza della sua volontà. - Voi non mi avete mai visto. Siete sbarcati e avete festeggiato, poi avete liberato gli animali e avete ringraziato il Signore per la sua misericordia. La vostra nuova vita ricomincia da qui. Jafet e Tesbite sono due membri della vostra famiglia, molto amati e molto rispettati. E' tutto chiaro?


- Sì, signore. ripeterono in coro Noè e gli altri.


- Bene. E ora dormite.


Sotto gli occhi esterrefatti dei due giovani, Noè, Sem, Cam e le loro mogli crollarono a faccia a terra , nel fango, russando sonoramente.


- Stai tranquillo, Jafet. disse Gattaccio, strusciandosi contro la sua gamba Dormiranno solo per una mezz'ora e quando si sveglieranno non ricorderanno nulla di questa vicenda e saranno di ottimo umore.


- Grazie, Gattaccio. Mi hai salvato.


- Ho solo restituito il favore.


- Ma se potevi farlo dall'inizio, perché hai rischiato la vita? chiese Tesbite, incapace di comprendere.


Il gatto distolse lo sguardo e miagolò. Volevo cercare di convincervi, prima. Non amo usare il condizionamento mentale, se non è necessario. Nessun gatto ama farlo. Ci mette troppo in contatto con il vostro animo e spesso è...diciamo...sgradevole. E alla lunga potrebbe causare danni neurologici permanenti, ragione per cui il Dittatore non ama assoggettare i popoli in questo modo.


I tre raggiunsero la spiaggia, dove gli animali, divisi a coppie, si stavano aggirando tutt'attorno, confusi da quell'ambiente naturale del tutto nuovo.


Tesbite sgranò gli occhi e sollevò un braccio. Cos'è quello?


Jafet si accigliò. Un arcobaleno? disse, incredulo Eppure non ha piovuto... e non ne ho mai visti di così belli e definiti. Sembra quasi solido.


- Questo perché è solido. spiegò Gattaccio, sbadigliando.


- Che vuoi dire?


- Che non è un arcobaleno. Si chiama Ponte Quantico Trifase, è un costrutto fotonico che serve a trasportare un gran numero di truppe sopra alcuni ostacoli, solitamente di natura liquida.


- Io credo di essermi fermato alla parola “ponte”... borbottò Jafet. Che significa?


- Che i miei simili saranno qui entro un'ora. Stanno usando il ponte per superare il braccio di mare che ci divide dal punto in cui saremmo dovuti sbarcare originariamente.


- E' meglio che tu vada, allora. disse Tesbite con un sorriso, accarezzandogli un'ultima volta la testa.


- Sì, credo anch'io. ammise Gattaccio.


- Ti rivedremo? chiese Jafet, un po' dispiaciuto.


Il gatto lo fissò di sottecchi, sornione. Ve l'ho detto. La mia stirpe e la vostra saranno sempre legate. Io e i miei discendenti terremo sempre un occhio vigile su di voi e sui figli dei vostri figli, finché non arriverà il momento della liberazione. Poi ci uniremo per scacciare l'invasore da questo mondo. Ma fino ad allora dovrete mantenere un basso profilo e fare attenzione anche ai vostri simili. La reazione di tuo padre dovrebbe esserti di monito. La gente non ama chi racconta l'amara verità, preferisce sempre una dolce bugia.


- Ma... come farai ad ottenere una discendenza, Gattaccio? domandò Tesbite, arrossendo lievemente Tu sei solo, non hai una compagna.


Il gatto tossicchiò, imbarazzato. Stai tranquilla, Tesbite. Non sono l'unico nell'esercito dell'Impero che non ama i metodi del Dittatore. Lasciate a me il compito di mettere in piedi un movimento di resistenza ed educate i vostri figli ad avere un pensiero libero e indipendente. Così saranno pronti quando arriverà il momento.


- Lo faremo, Gattaccio. disse Jafet, alzando una mano in segno di saluto – Abbi cura di te!


Il micio annuì, poi chinò la testa, afferrò un pesce tra le fauci e saltellò via tra i cespugli. Jafet e Tesbite si abbracciarono, lo videro balzare su una grossa roccia rossa, arrampicarsi fino in cima e voltarsi per un momento, prima di saltare dall'altra parte e sparire per sempre.


I due ragazzi rimasero in silenzio ad osservare il gigantesco arcobaleno, finché Noè e gli altri non si svegliarono, confusi ma stranamente allegri.


- Jafet, figlio mio! trillò il vecchio, sedendosi sulla spiaggia accanto a lui – Eravamo così stanchi che ci siamo addormentati all'improvviso! Pazzesco, eh? Ma... cos'è quello? - chiese, indicando l'arco di sette colori che sembrava perdersi oltre l'orizzonte.


Jafet scambiò un'occhiata con sua moglie, poi sorrise. Un Ponte Quantico Trifase.


- Cosa? borbottò il vecchio, confuso.


- Non so, sembra un normale arcobaleno, ma è più bello. Non trovi? ridacchiò Jafet, tra sé.


Il vecchio sgranò gli occhi e annuì lentamente. Ma certo! Questo arcobaleno è il simbolo della nostra ritrovata pace e fratellanza con Dio! Alleluja, ragazzo mio! - rise, felice.


Jafet sospirò, malinconico.


- Sì. Alleluja, padre.


Rimasero lì in silenzio, ad ammirare il panorama per un po' di tempo, poi udirono la voce della moglie di Cam, che trillava alle loro spalle.


- Guardate cosa ho trovato nei cespugli, mentre raccoglievo bacche! Ce ne sono altri, laggiù! Toccalo Sem, non è carinissimo?


- Maow...


Nell'udire quel suono Jafet e Tesbite si scambiarono un'occhiata agghiacciata, poi deglutirono, annuirono e si presero per mano.

- Andiamo? - chiese Jafet.


- Andiamo. - rispose lei.


FINE

P.S.:
Michele D'Angelo dedica il racconto a Ringhio, Silvestro e Camilla, padroni dei suoi vicini.

Posthuman gli dedica un caloroso benvenuto per questo piacevole debutto letterario e si augura di riaverlo presto ospite.

Last modified on Wednesday, 25 April 2012 10:15
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