Print this page

Paprika: spezie oniriche nel cartoon giapponese

Written by  11 Sep 2007
Published in Cinema
Read 11296 times
L'anime diretto da Satoshi Kon, grazie ad un abile intreccio fanta-thriller, si dispiega come un affascinantissimo tuffo nell'abisso dei sogni liberati dalle pastoie del realismo. Da vedere!

Lo so, ancora una volta è stato in sala una settimana e poi via. Ma almeno abbiamo avuto subito un buon dvd da vederci a casa, facilmente reperibile a noleggio. E ne vale assolutamente la pena, perché il cartoon, pardone anime, del giapponese Satoshi Kon (già autore della celebrata serie Paranoia Agent) è un viaggio senza ritorno nel mondo dei sogni che non ha molto da invidiare ai visionari rompicapi di SM David Lynch.

Non ce ne vogliate se continuiamo a citare questo regista: il fatto è che il suo immaginario pittorico e surreale, spesso antinarrativo, sta traducendo in immagini di celluloide (o video) le visioni di certa fantascienza dickiana meglio di molti veri e propri film di fantascienza, quantomeno nel suo 'cuore' filosofico, ossia la "sparizione della realtà" come concetto unitario, condiviso e conoscibile da tutti, frammentata in uno "spettro di realtà" possibili, parallele, soggettive e magari non comunicanti. Quindi molto inquietanti, anche senza bisogno di ricorrere a minacciose tecnologie e invasioni aliene. Ecco, ancora una volta (e qui Paprika sta sullo stesso piano di Inland Empire, anche per le citazioni metacinematografiche dai vari generi di cinema), per tracciare un grande quadro 'fantastico' non è più nemmeno necessario ricorrere ad un'ambientazione marcatamente futurista.

articles_paprika2.jpg

Vediamo la trama, con l'aiuto del sunto pubblicato da MyMovies.it: Atsuko Chiba è una psicoterapeuta che cura i traumi dei suoi pazienti interagendo direttamente col loro mondo onirico. La terapia è in grado penetrare i sogni e di esplorare l'inconscio mediante il DC-Mini, un dispositivo che apre incredibili prospettive nel trattamento dei disturbi psichici. Prima ancora di essere brevettato, il congegno rivoluzionario viene trafugato e il Dottor Shima, direttore e mentore di Atsuko, imprigionato nel sogno dissennato e delirante di un folle. Il misterioso nemico è deciso a interferire coi sogni degli uomini, a manipolarli e a governare sul mondo sognato e su quello reale. L'uso scorretto del DC-Mini potrebbe infatti annichilire la personalità e la volontà del sognatore. Konakawa, un detective che odia il cinema ma sogna per generi cinematografici, decide di indagare. Nelle indagini al confine con l'inconscio lo aiuteranno Paprika, alter ego onirico della dottoressa Atsuko, e il dottor Tokita, pingue inventore del prototipo.

Trasposto assai liberamente da un romanzo di Yasutaka Tsutsui (maestro della letteratura fantascientifica giapponese), Paprika è un'opera metacinematografica, un'apocalisse onirica che confonde magnificamente i piani del reale, del sogno, del fantastico e del cinematografico. Satoshi Kon disegna un o psyco-thriller animato che unisce al realismo del disegno la libertà immaginativa delle trame, senza temere di deludere le aspettative di estimatori e spettatori. Dopo l'incalzante opera prima, piena di false piste, il geniale animatore nipponico inventa una macchina fantastica capace di penetrare i sogni e di trasformarli in film. Il villain è un ladro che ruba l'anima e la psiche di chi dorme. L'eroina è una dottoressa che recupera i sogni dei sognatori. Il giustiziere è un detective con fobie cinematografiche. Il luogo è un futuro prossimo. Il motore è una macchina, il DC-Mini, che come il cinema svolge, rallenta, scompone e analizza la "materia onirica". Così la realtà, come la trama, diventerà presto inafferrabile per i protagonisti animati e per gli spettatori.

articles_paprika1.jpg



Realizzare un film è un po' come realizzare un sogno, e se Michel Gondry ritaglia cartoncini e arriccia carta crespa per narrarne "l'arte", Satoshi Kon si confronta con la scienza di Freud e col cinema dal vero usando l'animazione come elaborazione artistica e non come una semplice registrazione del reale. Personaggi, città e luoghi fantastici sono restituiti in modo da non assecondare i luoghi comuni che ne trascurano la realtà complessa e stratificata.

L'originalità del regista giapponese consiste nell'uso di una grammatica che fa riferimento al mondo "reale" dell'immaginazione e che sfida a colpi di "spezia" i pregiudizi nei confronti delle immagini animate. Paprika continua a esplorare le relazioni sogno/realtà, immaginazione e realtà, fino a confonderle e a sovrapporle, fino a produrre uno stordimento nel quale perdere trama e spettatore(fonte: MyMovies.it).

Che ne dite? Sarebbe piaciuto al Philip Dick di Ubik? E, sostituendo al DC-Mini una qualsiasi droga reale o inventata, al Burroughs del Pasto Nudo? Io dico di sì, sicuramente. Paprika è uno straordinario esempio di come da un nucleo narrativo potenzialmente cyberpunk (lo psycho-thriller) possa germogliare una squisita gemma quasi fantasy, almeno nel senso più intelligente del termine (lungi da elfi e maghetti d'ordinanza). Gemma che, per la visionarietà onirica, mi ha fatto pensare anche ad un recente film dei fratelli Pang: "Re-Cycle", parimenti inventivo a livello visuale-onirico (il mondo delle visioni della scrittrice protagonista, anche se un po' più semplicistico nella soluzione mélo-new age della trama.

articles_paprika3.jpg

Ecco perché penso che il fantastico contemporaneo evolva più attraverso film come Paprika, o come (mutatis mutandis) Inland Empire che non attraverso la s/f da blockbuster alla Transformers. Un discorso che mi fa tornare alla mente quanto mi diceva giorni fa un esperto di s/f come Leo Sorge (qui il suo sito) a proposito delle miserrime chance editoriali che ha la fantascienza letteraria in Italia: cioé che essa sta sparendo dal panorama generalista, avendo in realtà "vinto la sua sfida", ossia avendo permeato di sé e delle proprie visioni il cinema (anche quello non strettamente fantascientifico), i videoclip musicali, i fumetti, lo stile e l'abbigliamento dei giovani e così via.

Ed ecco, se ancora serviva, un'altra dimostrazione del fatto che attualmente i giapponesi siano gli unici autori in grado di mandare avanti il cinema con visioni originali, personali e potenti, del tutto liberi dalle pastoie del misero "realismo" che affligge il cosiddetto "cinema d'autore italiano" per esempio. E quindi in definitiva in grado di narrarci la realtà in modo molto più interessante!

Mario

Last modified on Tuesday, 11 September 2007 12:28
Rate this item
(0 votes)
Super User

Lo staff posthuman!

Website: www.posthuman.it
Website Security Test