"Sono vasto, contengo moltitudini"
(Walt Whitman, da "Song of Myself")
L'insegnate di scuola Marty Anderson (Chiwetel Ejiofor) tenta di parlare ai genitori dell'andamento dei loro figli: disperatamente, perché loro sono preoccupati solo del blackout di internet (un padre in particolare di YouPorn!). Che volete, sono americani, direte voi; invece no, se il disservizio si collega al progressivo distacco della California dalla terraferma statunitense e poi agli incendi in Florida e nell'intera fascia agricola a stelle e strisce, i tg mostrano catastrofi in Europa, Giappone e in tutto il resto del mondo. Poco dopo i segnali televisivi si spengono, i cellulari non prendono più... è la fine del mondo, solo Charles Krantz (detto Chuck, l'ottimo Tom Hiddleston) continua a beneficiare di grandi manifesti pubblicitari (ne vedete uno sopra il titolo, mentre a destra c'è la locandina italiana e sotto quella internazionale), spot e persino graffiti stradali che lo ringraziano per misteriosi "39 anni fantastici".
Perché in realtà non ci troviamo in un film apocalittico (ATTENZIONE, SPOILER TRAMA): la distopia serve solo come metafora; è Chuck che si sta spegnendo, purtroppo per lui a soli 39 anni. E' il suo universo che si sta estinguendo, come le stelle nel cielo del professore che si è riunito all'ex moglie (Karen Gillan) infermiera in ospedali ormai abbandonati, in omaggio alla frase del poeta Whitman "Sono vasto, contengo moltitudini", posta qui in epigrafe e dal protagonista Chuck sentita a scuola a soli 11 anni, ancora totalmente ignaro dell'avaro destino che la vita gli avrebbe riservato e spiegatagli da una timida giovane insegnante molto filosofa. Ma questo lo scopriremo solo nel terzo atto del film (segnalati dagli opportuni cartelli alla Quentin/Lars), cioè il primo, perché il tempo della narrazione qui va all'indietro, un po' come nel Curioso caso di Benjamin Button.
Di mezzo c'è ancora il secondo atto, in cui Chuck, trentanovenne contabile in grigio appena uscito da un convegno di contabili, poco prima di sentire le prime avvisaglie del male che stroncherà il suo percorso esistenziale, si ferma ad ascoltare una giovane batterista nera che suona per strada (Taylor Gordon).
Quindi depone la valigetta da businessman e si mette a ballare come un Tony Manero in giacca e cravatta, coinvolgendo una passante (Annalise Basso, triste poiché appena mollata dal fidanzato) in uno spettacolare duetto improvvisato che strappa applausi (e lucrose mance per la busker) al cerchio degli altri passanti formatosi intorno a loro (still qui ai lati).
Anche quest'abilità si comprende nel primo atto, quello su Chuck bambino, che impara a ballare con la nonna (Mia Sara) che lo adotta orfano e si perfeziona a scuola, scoprendo il primo amore per una tredicenne compagna di corso di danza, più alta di lui di una spanna. Sarà però il nonno matematico (Mark Hamill) che - dopo un'entusiasmante dissertazione sulla matematica sottesa ad ogni aspetto della vita e del cosmo - lo convince a diventare contabile invece che ballerino, negandogli rigorosamente solo ciò che si cela ("i fantasmi") nella torre della loro casa vittoriana, unica stanza al bambino preclusa.
La rivelazione, che chiude l'atto e il film, sarà la seconda incursione nel fantastico della storia di The Life of Chuck (sotto il trailer), che è tratta da La vita di Chuck, omonima novella compresa nell'antologia Se scorre il sangue di Stephen King (Sperling & Kupfer, 2020, copertina a destra). Ma vi lasciamo scoprirla andando a vedere il film, nelle sale italiane dal 18 settembre per Eagle Pictures), perché - nonostante una puntuale regia di Mike Flanagan (uno specialista dell'horror già autore di due riduzioni kinghiane come Il gioco di Gerald e Doctor Sleep), qui al servizio di un King non-horror, fedelissima al testo (lo immaginiamo sotto il rigido controllo del Re) ma priva di particolari guizzi - il film è uno strepitoso inno alla vita che ti riconcilia con la tua, di "vastità".
Tra l'altro, vanta una godibilissima colonna sonora con parecchio dance pop anni '80, che al Re deve andare parecchio, su cui spicca la My Sharona dei Knack ballata da Chuck al corso di scuola (nota personale: avevo appena ordinato il vinile originale, quasi una premonizione!).
Può risultare qua e là forse leggermente didascalico e un pizzico sentimentale (che volete, sono americani), ma ti conquista con la simpatia di quel narratore fuori campo (che fa tanto Favoloso mondo di Amélie) e con quegli intrecci casuali di destini fra i diversi personaggi che popolano i tre atti della vita di Chuck (che fanno un po' Iñárritu). Il Cattivo che qui vi scrive all'uscita si è sentito persino propenso a dare il braccio a una signora per scendere le scale col bastone.
Siamo tutti moltitudini e finché ci è dato, finché "scorre il sangue", possiamo (dobbiamo) arricchire il nostro universo. Quando presto o tardi si spegnerà non avremo rimpianti per non aver ballato.
Mario G