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"Ci sono momenti in cui si rimane senza parole, completamente perduti e disorientati e non si sa più che fare. A questo punto comincia la danza"
(Pina Bausch, all'inizio del film)
Una monumentale, cristallina perfetta videoinstallazione. Quasi due ore di sublime poesia visiva.
Per esprimere la quale le parole davvero suonano sgraziate e inadeguate.
"Parlare di musica è come ballare di architettura". L'aforisma di Frank Zappa torna alla mente allorché ci arrischiamo a "suonare il balletto" (avrebbe detto così, lui?), ad arrampicarci goffamente su parole per esprimere le sinestesie visive della danza, e di quella astratta e in perenne "disequilibrio simbolico" di Pina Bausch.
Dubbio filosofico: guardando il Pina di Wim Wenders, vediamo davvero la danza di Pina Bausch o più il cinema di Wenders? La domanda non è oziosa come sembra: il cinema può rendere il teatro o ci offre solo un grande video clip? Come leggerete nelle sue interviste, la domanda se l'è posta per oltre 20 anni lo stesso regista, sentendosi inadeguato ad esprimere con la propria bidimensionale pellicola l'arte dell'amica coreografa di Wuppertal.
Poi è arrivato il 3D: Wenders - afferma - ci ha lavorato meticolosamente fin da prima dell'esplosione di Avatar, avendo capito che quella era la strada per ottenere la quadratura del cerchio. E finalmente ha portato a termine il suo rigoroso omaggio all'amica, scomparsa nel 2009. Già un monumento del teatro anche senza l'aiuto di Wim (il nuovo Elfo Puccini ha una sala dedicata a lei, forse ce n'è altre sparse per il mondo), qui raccontata attraverso i ricordi e le emozioni dei suoi ballerini, che noi udiamo in voice over, osservandoli ripresi in primo piano, fermi e muti.Sensazione personale: in qualche momento, soprattutto all'inizio del film, ho avuto l'impressione di "guardare il 3D" più delle coreografie riprese. Ma è un'impressione che si supera, quando ci si assesta visivamente dentro la visione, "immersi" (come dicono gli esperti) in quella spazialità, vicini a sfiorare i danzatori, come nemmeno durante una rappresentazione dal vivo in teatro può accadere.
Dentro, ci troviamo comunque in un "oggetto terzo" rispetto ai due poli del quesito di prima: navighiamo nel film di Wenders sul teatro danza della Bausch, fra qualche ripresa storica, molte recenti girate in scena, alcune in prova, altre (presumiamo) appositamente rimontate per essere riprese in esterni. Un crocevia metropolitano, un parco con foglie ingiallite a terra, una centrale elettrica, un torrente (con ippopotamo artificiale!). Dune di sabbia, un maestoso canyon, una stanza dalle pareti di vetro circondata d'alberi, una dalle pareti pianche come un quadro di Magritte - in cui coppie di ballerini danno vita a quei malinconici abbracci, quel sostenere l'altro che cade rigido come una statua, griffe della coreografia bauschiana - un antro scuro in cui una donna legata a una fune tenta continuamente un allontanamento impossibile.Ed è bellissimo. Come un'enorme mostra di quadri surrealisti dotati di movimento. Immagini nitide, perfette, colori da tavolozza, idee che s'inseguono una dietro l'altra mentre tentiamo disperatamente d'afferrarle, di decodificarle. Sono troppe, non riusciamo neppure a memorizzarle tutte. Ma dovrebbero non finire mai.
Immagini talmente belle, tutte, che la prima idea era postare la recensione senza foto, per non ridurre la bellezza del loro fluire ai pochi fotogrammi che possono stare qui sul sito. Abbiamo ceduto per voi, ora andate a scoprirvi tutte le altre.
Pina - iconograficamente il più bello di questi - lo rivedrei anche subito, e sicuramente me lo procurerò in dvd quando sarà disponibile.
Non perdetelo. Possibilmente in 3D, è nato per quello.
Mario G