Quasi fuori tempo massimo, l'ho visto. Batman vs Superman (Dawn of Justice, NdR), ciò che tutti prima o poi abbiamo osato solo immaginare. E ancora non ho capito se m'ha convinto oppure no. Ci sono un bel po' di ottime idee e ben sviluppate ma complessivamente resta il dubbio circa il reale destinatario. Troppo cupo e complesso per i bambini, troppo semplice per gli adulti. Tentativi di farne un film "serio" e soluzioni a buon mercato si alternano lungo tutto il film. Luthor fa discorsi deliranti. Più un Joker depresso che un esaltato, megalomane e spietato ma dalla mente lucidissima. La sostanza è poca. Alla fine è solo un vile rapitore di donne anziane e un bombarolo. Ha però il talento per metterli uno contro l'altro. Ci riesce eccome per quanto lo stratagemma è talmente debole che i due fanno la figura dei gonzi.
Le doti di detective di Batman sono in calo: impiega mezzo film a capire che il Portoghese Bianco non è un uomo e lo fa, digitando le due parole in un motore di ricerca (!). Peggio ancora, apprende dell'esistenza di altri super umani solo grazie a un drive di Luthor. Il film tiene il piede in due staffe, in linea con la tendenza generale, tenta di "normalizzare" Superman negandogli il ricciolo a "s" e i calzoncini rossi, modernizzazione della divisa già vista in Man of Steel. Tiene però gli occhiali che in ossequio alla sospensione della credibilità dovrebbero celarne l'identità. Abboccano tutti, da sempre. Compreso il detective. Insomma, un reporter grosso come un tir ha sistematicamente tutte le notizie in esclusiva su Superman, ma il genio dell'indagine si lascia ingannare da un paio d'occhiali. Se la cava meglio nelle scene di lotta. Finalmente un costume che non rende i movimenti rigidi e goffi. E cosa ugualmente significativa, riprese e stunt che gli rendano giustizia.
Qui va riconosciuto il merito a Zack Snyder di essere riuscito in ciò che persino per Nolan è stato un limite invalicabile: rendere emozionante, grandioso eppure realistico un combattimento del Cavaliere Oscuro. Realismo coerentemente col personaggio. Vale a dire, moltiplicando. Finalmente Batman combatte come solo lui sa fare. Riprese apertissime. Acrobazie perfette. Un concentrato di Bat epicità. Così, Ben Affleck trascorre quasi tutto il tempo a guardare i superbi stunt di Rick Cetrone, soprattutto quelli nella sequenza del magazzino per liberare la mamma dell'Uomo d'Acciaio. Superlativa. Conclusa in bellezza col migliore scambio di battute del film: "Tranquilla, sono un amico di suo figlio". "Sì, lo avevo capito dal mantello". Un'altra battuta da ricordare la butta lì Jeremy Irons che qui è Alfred, presenza caustica ma insostituibile per l'eroe nero: "dall'età di sette anni, lei sta all'arte dell'inganno come Mozart al clavicembalo ma non le credo".
L’estetica della normalizzazione di contro, è annullata nel caso di Batman. Nulla è spiegato, come invece accadeva nella trilogia di Nolan. La Bat Mobile è ciò che è. Non è un prototipo per la divisione militare della Wayne Ind. Il costume non è il risultato dello sforzo scientifico di ignari scienziati alle dipendenze del magnate e neppure da un progettista eccezionale. Snyder riporta l’eroe nel suo mistero. Questo è Batman. Bat-caverna sotto un lago inclusa. Affleck nel latex di Batman convince solo poco più che come Devil. Torvo e risoluto, ha pure l'Aston Martin di James Bond. Henry Cavill funziona decisamente meglio. Dopo il passo falso come Napoleon Solo nella versione cinematografica di The Man of UNCLE firmata da Guy Ritchie, al quale non riesce di ripetere l'opera di restyling coronata dal successo come accadde con Sherlock Homes, rischia di rimanere incastrato nel costume rosso blu.
Il pipistrello e l'alieno differiscono in tutto. Ma non dove dovrebbero. Sono di età differenti. Perché uno è un dio giovane e l'altro è un crociato ingrigito dal tempo e dalla lotta. Effetto Miller, barba leggermente incolta, frezze vissute. Ha un certo fascino ma nel team up non funziona. I due sono antitetici e speculari. Se uno è giovane e l'altro è maturo, non sono speculari. Al di là del dato antistorico, i due sono di fatto coetanei tanto cronologicamente quanto come sviluppo temporale. Sono invece speculari nell'oscurità che li avvolge. Ma qui dovrebbero essere antitetici. Uno è notturno. L'altro, solare. Interessante l'idea di Superman visto come una divinità. Se si esclude una scena, non vola mai. Lo vediamo fluttuare in sospensione tra nubi e lame di sole. Un'apparizione. Figura plastica dal mantello fluttuante.
C'è tutta la storia della pittura sacra da Michelangelo in poi in quelle inquadrature come quadri. Ma lui è distante. È "alieno". Troppo. Diventa quasi oscuro e di Oscuro c'è già il più tetro di tutti. Il paradosso dell'età coinvolge praticamente l’intero cast. Lois è vistosamente più agè di Clark e quando salta fuori Wonder Woman, sembra una figurante di Casalinghe Disperate. Allargando l’obiettivo, Metropolis non ha nulla della "Città che non dorme mai", di cui è l'equivalente nella finzione. Cupa e intristita, si sovrappone pleonasticamente a Gotham. Sotto trame come i danni generati dai combattimenti e i limiti all'attività di vigilantes tentano di rendere adulta la vicenda, ma sono piste già battute.
Però lo scontro tra i due merita. Reso possibile con l'unico espediente possibile...
Pier Luigi Manieri