Smaltiti gli Oscar cinematografici, quelli letterari e fumettistici, eccoci finalmente a bruciare l’incenso sull’altare della più antica, e mai doma, passione musicale. Il tempo e l’età avanzano, la difficoltà di stare al passo con le novità aumenta proporzionalmente, anche di pari passo al rallentare del tasso d’innovatività di quella che un tempo si chiamava “musica giovane” e oggi offre valanghe di ritorni, reunion d’attempate (ex) star, ristampe di classici e così via.
La musica è invecchiata, i giovani anche, nessuno la compra più (a parte noi vecchi affezionati), il mercato si contrae e si assesta sulle poche cose che vendono, certo. Non c’è solo questo, ovvio: Ernesto Assante di Repubblica, che pure un ragazzino non è, nel suo blog cita 20 album del 2012 fra i quali i nomi nuovi sono parecchi. Forse, come dice lui stesso, quel che manca è il “segno forte” che caratterizzi l’annata, il “nuovo grunge” (o trip hop o quel che vi va) che faccia scena. Il dubbio di essere ormai culturalmente assestati su crtezze passate comunque ci rimane: i miei tre consigli di quest’anno sono infatti legati a band/artisti che hanno superato i 50 anni d’età e sono tutti in giro dagli anni ’80 (dai quali, si sa, non si esce vivi...).
Ancora freschi o solo "sgelati", ecco a voi...
La top 3 di Mario G
1. Swans – The Seer, grande ritorno di una band fondamentale dell’industrial con un sontuoso doppio album dai brani spesso superiori ai 20’, in cui compaiono diversi ospiti (Karen O degli Yeah Yeah Yeahs membri dei Low, Akron/Family, Ben Frost e Grasshopper dei Mercury Rev), fra cui anche la Jarboe che si temeva per sempre divisa dai destini di Gira. Speriamo…
2. Flaming Lips – Heady Fwends, altro album pieno di ospiti, uno per canzone: si va da Nick Cave a Yoko Ono, da Bon Iver a Erykah Badu fino a Kesha, chi può fermarli? Eppure l’album ha il loro sound sempre e (come Embryonic) è anche più ardito delle loro sviolinate di qualche anno fa.
3. Afterhours – Padania – album dell’anno per il livello di maturazione cui ha saputo spingersi l’Agnelli coi suoi, sia nelle arditezze musicali (fin Stratosiane) sia nei testi ‘pesanti’ e inesorabili.
La Menzione Speciale “Mai Fermo” va al 55enne Nick Cave, il cui nuovo album coi Bad Seeds (Push the Sky Away) è atteso per febbraio, ma nel 2012, oltre a collaborare coi Flaming Lips, è apparso anche per ben due volte (solo e con Debbie Harry) nel bell’album tributo a Jeffrey Lee Pierce The Journey Is Long, peraltro tutto animato da attuali o passati membri dei Bad Seeds (Barry Adamson, Hugo Race, Mick Harvey, Warren Ellis, altro disco da non farsi scappare), oltre che nella colonna sonora dell’ultimo film del suo amico John Hillcoat, Lawless, proprio da Re Inkiostro sceneggiato.
All’album degli Afterhours avrei voluto dedicare un articolo intero, l’avrebbero meritato: un giorno bisognerà pur dire chiaro che Manuel Agnelli ha fatto un lavoro sulla lingua italiana nel rock che ha pochi eguali. Forse Rino Gaetano alle spalle, che però musicalmente faceva una pop song più melodica, mentre Manuel ha saputo vergare una lingua secca e concisa che non debordasse mai dalla ritmica dell'indie rock teso di cui si sono affermati protagonisti, anche ora che il loro leader ha abbandonato persino i calembour ironici e surreali di cui è sempre stato maestro e che fan saltare in piedi i ragazzi (anche quelli di adesso) ai concerti (Male di Miele, Voglio una Pelle Splendida, Sui giovani d’oggi ci scatarro su, Non si esce vivi dagli anni ’80, per l’appunto…).
Non l’ho fatto, quell’articolo, senza particolari motivi, solo il tempo è passato e ho perso l’occasione. Poi ho incontrato la bellissima recensione dell’amico Andrea Peviani sul suo recente blog tutto musicale Conventional Records e ho pensato che non avevo granché da aggiungere alle sue riflessioni, quindi dedico alla band milanese le illustrazioni di quest’articolo e vi rimando al suo articolo completo e qui do spazio alla sua…
Top 3 di Andrea Peviani:
1. Bill Fay – Life is people: Miracoloso ritorno (dopo 41 anni!) di un grande artista di culto. Un capolavoro di cosmica saggezza e di universale bellezza.
2. Mark Lanegan – Blues Funeral: Un grandissimo che dopo essersi messo per 8 anni al servizio di altri artisti ha realizzato forse il suo album più bello, portando alla massima espressione 25 anni di contaminazioni tra rock, blues, americana ed elettronica.
3. Bob Mould – Silver Age: Riascoltare canzoni di cristallo e di granito come ai tempi degli Husker Du e degli Sugar è stata una delle sorprese più belle dell'anno (e del decennio).
Per concludere infine con il versante “impalatori di bambini nazareni” (l’espressione è ancora di Andrea): e chi poteva meglio rappresentare qui la musica estrema e metallica di Mr Eddie-HorroRock/Moshpit-Vitolo (QUI la sua classifica completa)?
Signore e signori…
La top 3 di Eduardo Vitolo
1. Neurosis – Honour Found in Decay, perchè pur essendo uno dei loro dischi più introspettivi ha la forza di uno sciamano che invoca forze ancestrali e sotterranee, invisibili ai più.
2. Ufomammut – Oro, perchè attualmente sono la miglior band metal italiana, apprezzata anche all'estero).
3. High On Fire – De Vermis Mysteriis (perchè con un titolo così horror rock non potevano non piacermi. E il sound è devastante!
Graffia ancora la musica che un tempo era “dei giovani”? Ha ancora forza innovativa? Noi tutti lo speriamo, quanto temiamo di trovarci esecutori testamentari di un’era al tramonto insieme alle nostre vite.
Nel dubbio, tendiamo le orecchie alle novità che ci offrirà il 2013: intanto, non sarà una "voce nuova", ma in punta di piedi ritorna un peso massimo. David Bowie (sul quale proprio una canzone dell'ultimo Flaming Lips s'intitolava pessimisticamente Is David Bowie Dying?) ha appena lanciato in sordina il nuovo singolo Where Are We Now, come sempre raffinato e alquanto berlinese, preannunciando un nuovo album (The Next Day) in arrivo a marzo (a destra quella che parrebbe la copertina).E ciò è già una buona notizia! David non è solo un grande assoluto del rock, è da sempre uno dei suoi più forti emblemi di "eterna giovinezza": anche se ormai 65enne, perderlo avrebbe un peso simbolico (oltre che affettivo per chi come il sottoscritto è venuto su coi suoi grandi album dei '70) schiacciante...
Come direbbe qualche personaggio dei nostri racconti pulp, ricordate che quando le vostre (nostre) ossa biancheggeranno al sole, l’urlo della chitarra ancora squarcerà l’aria desertica.