Forse non un "capolavoro" al 100%, o comunque non il film più completo e riuscito di Kim Ki Duk, tuttavia la sua apparente freddezza narrativa nasconde un'esplorazione non peregrina in uno dei temi 'caldi' dell'attualità: quello della disponibilità ad intervenire sul proprio corpo (qui tramite chirurgia plastica) per aderire maggiormente a un ideale estetico, che nel film corrisponde al sogno di rendersi "nuova" agli occhi del fidanzato, prima che questi si stanchi della relazione.
Il lato "commedia sentimentale" del film (apparentemente un Serendipity dell'Est misto Kieslovskij) lascia insoddisfatto lo spettatore, ma chiaramente il regista guarda oltre.
Sempre propenso alle trame surreali, Kim ci presenta un mondo di persone praticamente senza identità definita, virtualmente intercambiabili fra loro, che modificandosi alcuni connotati diventano irriconoscibili persino alla persona amata.
E nella seconda parte del film - quando dalla commedia si passa al dramma dell'irriconoscibilità e della perdita d'identità di persone/volti che potrebbero essere quello cercato e invece si rivelano tutti falsi indizi, e la facilità con cui si accetta di "cambiarsi faccia" si tramuta in un'ossessione angosciosa senza sbocco - la faccenda diventa veramente interessante.
Praticamente, un posthuman dell'attualità, senza alcuna ambientazione di fantascienza, perché gli elementi per accedere a questa dimensione sono già tutti nelle nostre mani: non serve ricorrere ad un ipotetico 'futuro, l'incubo è già fra noi e noi soli siamo gli autori degli orrori dell'anima che ci affliggono.
Così, l'odissea della protagonista 'mutata', per ritrovare il fidanzato originario a sua volta 'mutato', prende le forme di un viaggio nell'incomunicabilità di persone "fungibili", che vivono in case fredde e tutte uguali fra loro, senza identità né tracce dei rispetivi passati. Persone che senza la possibilità di riconoscere il sembiante, l'epidermide facciale, diventano praticamente indistinguibili.
Se ci passate l'elevato riferimento, lo definiremmo quasi un Antonioni del terzo millennio... "identificazione di una faccia"?