Ma l’horror è posthuman? Ci poniamo la domanda in occasione della prima recensione di film “de paura”, che nulla ha di fantascientifico o futuribile, essendo solo una efficace opera prima di pura suspence. Per risponderci che sì, lo è; e non solo per un motivo di marketing, cioè che chi ama la s/f in genere apprezza più o meno anche thriller e horror, gli altri due generi “di serie B” in una classica tassonomia delle espressioni culturali. Ma per un motivo più profondo: l’horror è postumano in quanto ci porta – rubo una definizione di Walter a proposito dei miei temi narrativi d’elezione – verso i “limiti del corpo”. Smembramenti, torture, omicidi efferati, rituali, seriali… sangue e corpi sezionati sono la cerniera (pardon, la sutura!) fra il mondo del gore e la ridefinizione del corpo cara a molta s/f, oltre che con quelle manifestazioni d’arte “alta” – da Dalì a Buñuel, da Man Ray ad Ernst e Magritte – che volentieri s’accaniva contro la “normalità” del corpo come contro il borghese buon senso, ammirando il fascino del crimine assoluto (De Sade, la contessa Bathory). Al proposito, troverete illuminante l’articolo (di Giuseppe Dierna, su Repubblica del 15/02/07) che collega il massacro della Dalia Nera (da cui il libro di Ellroy e il film di De Palma) ad alcune opere dei surrealisti dell’epoca.
Ma torniamo al nostro film di ora: e se, come appunto accade in “Ils-Them”, di sangue e squartamenti non se ne vede manco l’ombra? Ebbene, anche in questo caso l’horror è posthuman: anzi, in un certo senso è “prehuman”, perché ci riporta indietro anziché avanti. Non ipotesi futuribili di corpi mutati e “nuove carni”, ma la preistoria di ominidi terrorizzati dal buio e da ogni scricchiolio udito di notte fuori dalla loro grotta. Perché ogni fruscio potrebbe essere l’annuncio della fine. È questa condizione primordiale cui facciamo ritorno quando un cigolio in corridoio ci fa cacciar la testa sotto le coperte o ci paralizza, incapaci di girar la testa per paura di quel che potremmo vedere oltre il buio. Torniamo bambini, si dice, perché la paura del buio è tipica dei bambini. O perché nei bambini emerge più facilmente questo retaggio subconscio, stratificato nel nostro dna da millenni?
Comunque, è sicuramente a questo stato d’animo che si riferisce il giovane regista David Moreau quando dice d’aver condotto un “sondaggio” fra amici su cosa essi temessero di più, scoprendo che per tutti era la paura di “avere intrusi in casa”.
Proprio questo è lo spunto del debutto suo e del sodale Xavier Palud, una storia esile e narrata mille volte, che ritorna “nuova” nel gusto asciutto con cui i due giovani registi costruiscono il crescendo della suspence con mezzi minimi, un’efficacissima fotografia scura tutta steadycam, puntando su ciò che non si vede piuttosto che sulla violenza esibita.
Lui e lei sono a passare il week end nel casolare sperduto fra i boschi e, all’improvviso, Loro sono lì. Sono intorno, sono dentro, gli sono addosso, non hanno volto, non parlano, non hanno motivazioni. Però li minacciano. E ancora una volta comincia una partita senza quartiere. Scappare, al buio, nel bosco, di notte, senza saper dove andare. C’è un incubo che ci fa tornar più bambini-primitivi?
Tutti hanno parlato di “Blair Witch Project”, per le soggettive di fuga nel bosco di notte. Tutti concordano che però qui la sceneggiatura c’è, e quindi anche l’emozione sale di conseguenza. In comune, sicuramente l’abilità – qui assai più solida e meno “furbetta” – di trarre il massimo da una produzione poverissima. Voi smaliziati potreste veder ben oltre, una lunga teoria filmica di case assediate da “loro”: dal Cane di Paglia alle Colline di Wes Craven (a proposito, presto parleremo anche dell’imminente sequel moderno Hills Have Eyes 2), da Black Christmas, fino al notevole debutto di un altro francese, Alta Tensione di Alexandre Aja.
Il film di Moreau e Palud forse non cambierà la storia del cinema, ma ottiene ciò che si propone con onestà e senza pretendere di più. Il di più peraltro potrebbe venire dal coté antropologico della vicenda, ma sviscerare quello comporterebbe svelare il finale e soprattutto “chi sono loro”, un peccato mortale per un film di suspence. Vi basti sapere che il film si limita ad accennare – mostrandoci quello che Kundera definì “il sorriso insanguinato dell’innocenza – e lasciarci pensare, senza suggerirci moraline conclusive o dotte analisi sociologiche.
“Ils-Them” esce nelle sale il 6 aprile. Dategli un’occhiata e meditate su cosa è… umano e cos’è post. Noi ve ne “postiamo” qui un trailer di 15 secondi per aiutarvi a non… chiudere gli occhi!
Fateci sapere cosa ne pensate e buone visioni.
Mario