Una singola idea della mente umana può costruire una città.
Un’idea può trasformare il mondo e riscrivere tutte le regole.
(Cobb)
L'hanno già paragonato a Blade Runner, maledizione che tocca ogni buon film di fantascienza con qualche ambizione oltre il puro entertainment. Lo fa Fulvia Caprara in una bella intervista col regista Christopher Nolan (che leggete per intero su La Stampa). Il parallelo è (come quasi sempre) azzardato e fuori luogo, ma forse non lo sarebbe altrettanto definire Inception - sua ultima, imponente fatica (nelle sale italiane dal 24/09) - una sorta di nuovo Matrix: meno rivoluzionario dei Watchowsky nell'imagerie e nell'aspetto grafico, Nolan tuttavia porta avanti un discorso sullo sfumare dei confini tra reale e immaginario che sempre più si configura come IL discorso della s/f contemporanea: da Matrix, appunto, a Dark City (citato per l'idea dei i grattacieli "flessibili"), ma anche Strange Days e Minority Report, il geniale noir à rebour Memento dello stesso Nolan e il Pi Greco di Aronofsky, fino agli anime orientali Ghost in the Shell (I e II) e soprattutto Paprika di Satoshi Kon, a tutti gli effetti il vero precursore del film di Nolan, in cui appunto l'immaginario è rappresentato dal mondo dei sogni. Niente realtà virtuali, simulazioni informatiche o totalitarismi massmediologici: per perdersi nell'incubo è sufficiente guardar dentro il nostro cervello. E' la più moderna declinazione spettacolare dell'inner space teorizzato dal compianto James G. Ballard già nel '62.
Una fantascienza che (come vedete dal 'gruppo sognante' qui a destra) sempre più si dissimula in ambientazioni del tutto contemporanee e per nulla futuribili, in cui (come avrete già appreso) operano raffinatissimi hacker del subconscio in grado di frugare nell'attività onirica di altre persone, carpendone idee e pensieri. Cobb (Di Caprio, alla sua seconda immersione nell'incubo dopo Shutter Island) è il numero uno e per questo gli viene affidato una missione ardua: non tanto 'rubare' idee altrui, quanto 'innestarne' una (appunto, l'inception), quella desiderata dal committente, nel subconscio del rampollo di una strapotente multinazionale dopo la morte del padre-fondatore.Per ciò fare, il "ladro di sogni" dovrà spingersi pericolosamente in fondo a ben tre livelli onirici successivi, sprofondando sempre più a capofitto nel subconscio dell'inconsapevole (o forse non tanto) giovane miliardario, e guidando noi spettatori in un fantastico e stordente psicottovolante in cui ogni svolta congiura a farci dubitare di quale sia la realtà e quali le visioni oniriche; una meccanica affine al linguaggio del videogioco (che tra l'altro pare verrà anche tratto dal film) che è sicuramente un'altra similitudine col mondo di Matrix (oltre che con la saga di Nightmare, che aveva iniziato negli anni '80 a postulare azioni in un mondo onirico 'condiviso' da diversi personaggi, con conseguenze pericolose anche nella vita reale, v. Nocturno dossier n. 95). La trama si complica ulteriormente perché nel mondo onirico Cobb deve affrontare anche i propri fantasmi sentimentali, ma lo spunto sta nel campo dello spionaggio industriale, il che sa assai di s/f cyberpunk, come anche i repentini spostamenti geografici (sei set diversi, da Tokyo a Parigi, dal Canada a Tangeri, da Londra a Los Angeles) e la composizione mista e multietnica del "dream team" messo insieme da Cobb-Di Caprio, col tenebroso antro dei "drogati onirici" (foto a destra) gestito dal chimico Yusuf, che sembra uscito di peso da una fumosa Interzona di Burroughs. Come intuite, Nolan gioca nel suo campo: da Memento a Prestige, la confusione fra reale e immaginario è il suo terreno d'elezione; e il successo commerciale arriso ai suoi due Batman gli ha garantito il credito presso i produttori hollywoodiani per mettere insieme i considerevoli finanziamenti necessari a pagare il cast stellare (con camei di Michael Caine e Tom Berenger), i diversi set e le visualizzazioni vertiginose di cui vi diamo qualche esempio nelle foto che illustrano quest'articolo: il corridoio senza gravità (sopra), la scala infinita alla Escher, la metropoli che si ripiega su se stessa nell'architettura pure escheriana della "modellatrice di sogni" Ariadne (Ellen Page), che vedete qui sopra a sinistra.
Concetti che peraltro devono aver ispirato probabilmente alcuni architetti nel mondo reale, o almeno gli autori delle foto che vedete in questa gallery.
E’ solo quando ci svegliamo che ci rendiamo conto che c’era qualcosa di molto strano.
Come suggerisce la citazione qua sopra, fra le intuizioni concettuali del regista, geniali benché poco appariscenti, c'è l'apparente "realismo" delle scene oniriche: nessun effettone, deformazione dell'immagine, né colori psichedelici, come recita la citazione qua sopra, il sogno - quando ci stai dentro - ti appare del tutto reale (il che poi facilita lo spiazzamento dello spettatore). Ma il film, per quanto fedele ai canoni della spettacolarità hollywoodiana, è una miniera di spunti interessanti da approfondire, fra 'fanta' e reale conoscenza dei meccanismi cerebrali (dove probabilmente il regista ha attinto alle ardite speculazioni sull'onironautica di Stephen LaBerge), oltre che fra le rappresentazioni che l'arte (e in particolare il cinema, ovviamente, ma non solo) ne può dare. Come ci fa osservare la breve ma sempre profonda e lucida analisi di Alberto G. Biuso sul suo sito, che cita i labirinti mentali costruiti da quel grande architetto dell'infinito mentale che era Borges.
In tanta "maraviglia", c'è anche qualche nota negativa, per la verità: le difese psicologiche della vittima appaiono come agenti di security superarmati e bellicosi, il che scatena i classici inseguimenti con sparatorie da blockbuster action americano (nel quale, come dicevamo, Nolan non ha la stessa fulminante inventiva dei Watchowsky che han riscritto le regole del genere). Fra queste scene, a nostro giudizio fin troppo abbondanti, quella della battaglia sulla neve è sicuramente la più inutile, oltre che smaccatamente ricalcata su una simile sequenza di un vecchio James Bond (se non erro, La Spia Che Mi Amava).
Non si riesce a non pensare che la materia onirica si sarebbe potuta declinare in maniera più originale, che non di soli sgherri mitraglianti debba essere abitato il nostro subconscio. Forse Nolan s'è piegato a pressioni produttive, perché senza l'action il blockbuster rischia l'elitismo e i finanziatori (già timorosi per la difficoltà della trama) la ritirata?
Non è improbabile, ma peccato per l'occasione perduta di spingersi più in là con le visioni: anche volendo mettere in scena degli inseguimenti, i labirinti e le scale infinite avrebbero consentito di dare alla suspence consistenza più psichica. Come dice anche uno dei personaggi (Eames, prima di sparare agli sgherri con un micidiale lanciagranate), "Non devi avere paura a fare dei sogni più grandi, tesoro".
Piccole smagliature che non tolgono il fatto che Inception sia comunque una grande summa e ideale superamento di tutto l'immaginario fantascientifico che abbiamo ricordato all'inizio. Nonché, anche per i non cultori del genere, due ore e mezza di spettacolo vertiginoso che ti tiene avvinto senza un momento di stanca. Che si candida - insieme allo Splice di Natali sul versante fisiologico - a nuova frontiera del ballardiano inner space filmico.
E poi, chi l'avrebbe mai detto che quell'(ex) bamboccione di Di Caprio ci rimpiazzava Neo-Keanu diventando il nuovo psycho thriller star della decade?!
Mario G
P.S. grazie a Sandro-Zoon per la segnalazione sull'onironautica.