La lunga chiusura delle sale cinematografiche ha fatto sì che, per trovare qualche buon film di cui parlarvi, ci siamo rivolti alle piattaforme di streaming. Su Raiplay ne abbiamo trovati un valido paio che meritano sicuramente d'essere recuperati e dai titoli ingannevolmente simili: il franco-belga La Meccanica delle Ombre di Thomas Kruithof, su cui si tornerà, e l'italiano Dove Cadono le Ombre della sfortunata Valentina Pedicini (prodotto da Fandango, poster in apertura), regista 42enne prematuramente scomparsa dopo quest'unico lungometraggio di fiction, presentato in concorso alla Giornata degli Autori della 74ª Mostra del cinema di Venezia.
Un film che riappacifica col cinema italiano anche il più occhiuto detrattore perché, in un'algida messinscena teatrale che è una festa per gli occhi dalle geometrie che sembrano disegnate da un architetto costruttivista, riesce a trattare un tema scomodo come l'eugenetica e la repressione nazista in guanti bianchi perpetrata nella felpata Svizzera verso un'etnia nomade - la jenisch - senza cadere neanche per un istante nel melodramma, nel pietismo, nella facile denuncia manichea di una società perbenisticamente ipocrita.
I fatti sono realmente accaduti, dal 1926 al 1975 (il programma Pro Juventute, una sorta di leggi razziali nella Confederazione Elvetica che s'era mantenuta indenne dal Fascismo, è stato narrato dalla poetessa Mariella Mehr, che ne fu tra le vittime e a cui il film è dedicato), ma la controllatissima regia della Pedicini non ne fa un banale documentario sensazionalistico: anzi ne ricava un minimalista quanto micidiale horror psicologico tutto al femminile. Infatti, la pellicola ruota tutta sul confronto senza esclusione di colpi fra Anna - Federica Rosellini - bambina jenisch vessata dall'arcigna istitutrice Gertrud - Elena Cotta - e oggi divenuta infermiera nel medesimo orfanatrofio-lager in cui fu prigioniera da piccola, oggi convertito in casa di riposo per anziani.
Al presente i ruoli sono invertiti: Gertrud torna nel teatro dei suoi misfatti da anziana ospite dell'ospizio, per Anna si spalanca l'abisso nero dei ricordi, mentre il film alterna passato e presente ricomponendo gradualmente le tessere del puzzle dell'incubo. L'infermiera si fa assegnare la passata aguzzina come "paziente" e nel meticoloso accudimento le farà assaporare alcune delle delicatezze - come i bagni in acqua gelata - da lei subìti in passato; ma non per puro gusto di vendetta, bensì per estorcerle la risposta più importante: che fine ha fatto Franziska, la sua amica del cuore dei tempi andati, che Anna è convinta sia stata uccisa dalla perfida istitutrice e sepolta nel giardino dell'ospizio. Suolo che la giovane fa instancabilmente vangare a vuoto al povero Hans (Josafat Vagni), anche lui bambino sterilizzato dai biechi carcerieri e oggi giardiniere ritardato dell'ospizio, a lei devoto come un cagnolino e più volte umiliato, replicando così su di lui lui la stessa durezza dell'istitutrice coi bambini sottoposti.
"Sei come me", le sibila la vecchia tagliente, immobilizzata ma tutt'altro che doma, ancora convinta d'avere agito per il meglio, per migliorare la razza. "Sono peggio di te", replica ugualmente affilata l'infermiera di ferro. Entambe bravissime, le due donne si sfidano in un duello senza vincitori né vinti, perché - come minaccia l'anziana - non è così facile "distinguere i buoni dai cattivi, espiare un piccolo senso di colpa e sedersi far i primi".
Uno spietato e sorprendente finale le darà ragione, elevando il confronto fra le due oltre la rievocazione di pur drammatiche circostanze storiche, alla dimensione filosofica dell'ambiguo discrimine fra Male e Bene.
A dispetto di un trailer che potrebbe far pensare a un più convenzionale mystery-horror basato sui jump scare, un film che non scade mai nel prevedibile, nel già visto e tantomeno nell'effettaccio pour épater. Eppure miracolosamente non ci si distrae un attimo, inchiodati al dramma.
Tragico come un Euripide moderno, asciutto come ghiaccio secco per medicazioni ospedaliere, secondo noi è una visione obbligatoria. A maggior ragione sapendo che sarà l'unica che ci resterà della valente regista brindisina.
Ce n'è di chicche nel baule di Raiplay, anche oltre alle serie citate da Roberta Enni di Rai Gold nella nostra intervista. Vale la pena di cercare...
Mario G