Dopo il recente passaggio del criticato “30 Giorni di Buio”, l'imminente uscita nelle sale del film vampiresco di Sebastian Gutierrez con Lucy Liu (“La Setta Delle Tenebre”, appunto, in originale Rise Blood Hunter), ci offre un’occasione d’attualità per fare il punto sul – o meglio sui – moderni trattamenti che il cinema ha riservato all’immortale (è il caso di dirlo!), mito del vampiro.
Un vero ‘universale culturale’, il succhiasangue, come dicono gli antropologi, giacché – c’informava nel 2002 il relativo dossier di Nocturno sul tema, citando oltre 150 titoli a partire dagli anni ’60 – se ne trovano tracce nelle leggende popolari, non solo dell’intera Europa cristiana, ma anche in quelle greche e romane, in Africa come in Asia.
E che il cinema si sia nutrito a sazietà di questo… ehm, sangue, lo dimostra il fatto che i primi canini lunghi balenano già nel buio del b/n espressionista (Nosferatu di Murnau del ’22 e Vampyr di Dreyer del ‘32). Pensate che il sito di un regista amatoriale francese amante del genere, Bruno Estragués, ne conta oltre 200 solo tra il 1990 e il 2007!
Anno in cui appunto esce in USA Rise: Blood Hunter, di cui noi ci accorgiamo dal sito web (all'epoca indipendente) che offre contatti per la distribuzione, restiamo intrigati dalle foto e dalla trama, che ci fa pensare a qualcosa di simile a un The Addiction di Abel Ferrara (per chi scrive un mito), anche se meno filosofico e più thriller… ci diciamo che se va bene lo si vedrà prima o poi in dvd americano, invece ecco che il film ora esce da noi per la Eagle.
{mosimage} Ed eccoci all’attualità: il regista (già sceneggiatore del perdibile Gothika di Kassovitz e dell’attuale remake di The Eye) ne fa protagonista Lucy Liu, che era Oren Ishii, la temibile nippospadaccina di Kill Bill, in un nuovo ruolo di vendetta, dove però le tocca la parte della vittima. Interpreta infatti una reporter (dall’evocativo nome di Sadie!) che indaga sulle sette sataniche a Los Angeles e… un brutto dì si risveglia in una cassa metallica all’obitorio (scena che ci ha stuzzicato nei trailer). È morta. No, peggio: non-morta, vampirizzata. Costretta a vivere di sangue, non le resta che cercare di vendicarsi impedendo alla setta di condannare altre vite all’inferno terreno.
Come finirà lo vedremo. Quel che ci attira verso questo film è l’ambientazione moderna da noir metropolitano (nel cast c’è anche Carla Gugino di Sin City) più che da horror classico: niente bare, pipistrelli e castelli, pare che la parola ‘vampiro’ non venga neppure mai pronunciata dagli attori, il che apre la porta alle interpretazioni metaforiche più gustose: anche senza avere alle spalle un filosofo come Nicholas St John (sceneggiatore di The Addiction), il vampiro così trattato può ben simboleggiare il Male assoluto, evocare forme di dipendenza moderna (droga) o di contagio (Aids) e… Beh, vi diremo dopo aver visto l’anteprima stampa, inutile ipotizzare ora.
In particolare, ve ne diremo anche su onde FM: infatti, proprio venerdì 23 maggio - data di uscita del film in sala - il programma "Il Cinema alla Radio" su CiaoRadio ospiterà una mia chiacchierata con la conduttrice Debora Montanari (che per Posthuman ha recensito Cloverfield). I postumani atterrati in provincia di Bologna lo possono ascoltare alle ore 14,30 su FM 90.100, tutti gli altri lo seguono in streaming su www.ciaoradio.com (noi posteremo un link insieme alla recensione appena possibile).
Ciò che pregustiamo in questo film è che ci sembra riportare alla luce (alle tenebre?!) un sottogenere che temevano spento dopo piccole gemme come Miriam Si Sveglia A Mezzanotte di Scott (Tony), Il Buio Si Avvicina (Bigelow) e Vampires (Carpenter), e opere recenti e forse meno conosciute come Cannibal Love di Claire Denis o Marebito di Takashi Shimizu.
Perché il mainstream negli ultimi anni ci ha sommersi sotto un’orda di vampiri prevalentemente action: i 3 Blade, i 2 Underworld e i 2 BloodRayne, Ultraviolet, solo per citarne qualcuno dei più noti… film che hanno sì contribuito a modernizzare l’iconografia del succhiasangue ai trench neri matrixiani e ai duelli acrobatici a colpi di katana e arti marziali tarantiniani, ma con la loro derivazione (o ispirazione) fumettistica, videoludica etc., han messo in ombra le psicologie, i drammi e le riflessioni perturbanti che speziavano i titoli ricordati sopra.
Per intenderci, l’incubo tuttora modernissimo dell’eterna giovinezza-eterna bellezza di Miriam Si Sveglia A Mezzanotte (sorta di Dorian Gray dark), gli outsider reietti della Bigelow e di Carpenter, il simposio filosofico sull’essenza del male del citato cult di Ferrara, l’originalissima e melanconica variazione sul tema passione-morte messa in scena a Parigi dalla Denis, o Shimizu che nelle viscere del metro di Tokyo addirittura gioca metacinematograficamente sul vampirismo dello sguardo registico e sul rapporto autore-opera (come notava acutamente Walter).
Per dire che non di soli canini e SFX si nutre questo cinema, benché ‘di genere’.
Anzi, proprio il coté decadente, sexy e saffico della Miriam di Tony Scott (QUI l'incontro Deneuve-Sarandon, purtroppo tagliato sul più bello!) ci ricorda che negli anni ’70 – fulcro di tutte le rivoluzioni, inclusa quella sessuale oltre che del b-movie – era fiorita una nuova stagione vampirica, soprattutto europea, forte delle continue vittorie sugli organi di censura che permettevano finalmente ai registi di mettere in scena situazioni realisticamente sanguinarie, o esplicitamente erotiche o… anche le due cose insieme!
Bum. Irrompono in scena registi come lo spagnolo Jess Franco e il francese Jean Rollin, che su vampire moderne, psichedeliche, lesbiche o comunque prevalentemente nude ed erotiche, ci hanno costruito prolifiche carriere di centinaia di titoli.
Di Franco oggi trovate agevolmente in dvd italiani a prezzi modici il classico Vampyros Lesbos su Dolmen (e pure il valido score jazz lunge in cd, molto trendy) e Un Caldo Corpo di Donna (Erotikill/Female Vampire) su Ermitage, e già vi fate un’idea della narcolettica poetica della sexy-vampira dello spagnolo, di cui qui potete anche assaggiare un estratto.
Di Rollin, la Encore Films sta pubblicando lussuose (e costose) edizioni originali (sottotitolate) veramente… succose (!), su cui vorremmo tornare più a fondo appena possibile (qui vedete il trailer del suo primo film in b/n, Le Viol du Vampire).
Chiaro, stiamo sempre parlando di b-movie. Ma nondimeno – oltre al fascino del sexy rétro e di una libertà di messinscena che oggi il cinema osa sempre meno – la vena erotica di quei film contribuiva (magari anche aldilà degli intenti commerciali delle produzioni) a illuminare degli elementi perturbanti che oggi ci sembrava si stessero perdendo nel pudibondo horror postreaganiano: ad esempio il rapporto ambiguo orrore-seduzione, il fascino seducente del male e il rapporto d’implicita complicità carnefice (vampiro)-vittima. È il caso di notare quanti colli indifesi di fanciulle siano stati abbandonati mollemente senza vera resistenza ai canini dei Dracula dello schermo?
Quindi, eccoci alle implicite analogie fra il personaggio vampiro e il dominatore sadiano, ovvero della sua vittima con lo strisciante masochismo femminile.
O, ancora, della vampira femmina nelle molte versioni più o meno apertamente saffiche legate al personaggio letterario di Carmilla (di Sheridan Le Fanu), o a quello storico della sanguinaria contessa Erzsébet Bàthory, dominatrice sadiana a propria volta, mantide religiosa e femme fatale talvolta dalle coloriture vagamente protofemministe.
E questo del sotterraneo e inaccettabile legame che unisce vioenza e desiderio è tema che resta d’attualità anche se rapportato a certe stragi della cronaca, che so, di Erba o dell’omicidio di Meredith, non vi pare? È inaccettabile perché, anche se sullo spunto di un filmetto exploitation, c’induce a riflettere su quanto l’impulso violento, la “sete di sangue”, sia in noi stessi anzitutto, altro che in un pallido spilungone col mantello nero e rosso! Ovvero – ancor peggio – che, qualche volta, il male che ci accade di subire potrebbe non essere altro che un nostro turpe sogno notturno che s’avvera…
Fortunatamente, vampiri acrobatici a parte, qualcosa si stava già muovendo di nuovo anche nell’underground dell’Impero: ad esempio, la Gargoyle ha pubblicato un annetto fa (distr. Millennium Storm) un bizzarro film indipendente americano del 2004: “Immortal Ecstasy”, diretto in digitale e con mezzi minimi da tal Desi Scarpone che, pur nella fattura raffazzonata e nella recitazione improbabile degli attori (benché dichiari d'ispirarsi a I Tre Volti della paura di Bava e alla comune fonte del racconto di Tolstoj La famiglia del Vurdalak), ha il vanto di giocare duro sulla sete di sangue nella ‘tranquilla’ famigliola media dello sbirro vampirizzato, fra nipotini in arrivo, figlie lesbiche (ritornano!), ai margini dei quartieri ‘sporchi’ dove i negri spacciano e la morte scorre facile… niente di che filmicamente, ma capite che in nuce c’è la volontà di piegare il genere a parlare del nostro mondo e della società di oggi.
Per cui, rasserenati che non tutto è perduto, ora attendiamo alla luce della luna piena la visione del lavoro di Gutierrez con la sua Setta delle Tenebre e riparleremo di morsi e sangue molto presto.
Mario