Alda Teodorani è da più parti riconosciuta come una delle migliori autrici horror in italiano, anche se il suo nome ha beneficiato meno di altri del glamour che ha circondato la celeberrima antologia ("Gioventù Cannibale") che lanciò il pulp pack letterario del Belpaese, gli Ammaniti, Aldo Nove, Pinketts & co., per intenderci.
Infatti, mentre alcuni di questi autori han saputo capitalizzare lo shock suscitato da quella raccolta ammorbidendosi prudentemente verso la cosiddetta Letteratura di Qualità e così ottenendo la patente di Autore senza la quale in questo Paese non vai da Fazio né da altre parti, Alda ha continuato pervicacemente a percorrere le strade del genere (peccato imperdonabile) che le stava a cuore: il noir, l'horror, con qualche incursione nel fantascientifico (Belve) e nell'onirico-surreale (Incubi).
Per cui la sua opera si snoda da sempre lungo una teoria di piccoli editori underground (Addictions, Stampa Alternativa, Cut Up, Halley, IBS etc.) e difficilmente la vederete in vetrina alla Feltrinelli, benché alcuni suoi lavori siano state pubblicati anche all'estero. Una storia che non stupisce chi come noi si è incamminato a propria volta sul duro calle di praticare generi letterari di cui notoriamente alle italiche masse non potrebbe fregar di meno (da noi si guarda "3 metri sopra al cielo" solo per ammòre, mica per veder gli alieni, andiamo!), ma che comunque non rende giustizia alla profondità della scrittura della Teodorani, alla quale - diciamolo una buona volta - l'aggettivo pulp non calza nemmeno bene (se non per la cheappissima cover dedicatale dalla collana).
Infatti, i racconti della Teodorani son ben lontani dall'ironico (e compiaciuto) postmodernismo tarantiniano, consistente nel mescolare citazioni dall'archivio dei generi "bassi", che in letteratura possiamo trovare ad esempio nella Notte del Drive-in di J.R. Lansdale (autore che peraltro altrove amiamo moltissimo).
No, la scrittura dell'Alda è totalmente diversa, anche se non lesina sangue e crudeltà: lei scava in profondità nelle pieghe più buie della psicologia umana, quelle in cui appunto nasce l'orrore, ma anche quelle in cui albergano le tenerezze più indifese, le passioni più intense, le debolezze più celate. Anzi, il suo pregio, la sua 'morale' (è questo il termine giusto), sta proprio nel mettere a nudo la contiguità fra queste emozioni delicate ed estreme al contempo, che la nostra razionalità vorrebbe distantissime. E che la scrittrice pesca nel nostro limo interiore con sensibilità tipicamente femminile, anche quando i suoi protagonisti sono maschili.
Insomma, siamo esattamente all'opposto del pulp inteso come violenza iperrealista interpretata da caratteri fumettistici, se accettiamo che questa sia una descrizione valida del citatissimo aggettivo, di cui poi nessuno sa dare esattamente le coordinate, se non riferendosi a San Quentin.
Ci troviamo invece in una regione non facile da praticare, ma che è anche l'unica in cui l'abusatissimo dittico Eros-Thanatos (matrice di tonnellate di gialli, thriller etc) riesce ancora a turbarci, perché illumina un mostro non sovrannaturale ma che cova dentro noi stessi, anziché divertirci rimettendo in scena antichi cliché di gangster durissimi e femme fatale da Sin City (senza nulla togliere al fumetto di Frank Miller e al film di Rodriguez, beninteso).
I Sacramenti del Male si compone dunque di un breve romanzo inedito (Sacramenti, appunto, di 113 pagine) e lo completa ristampando un trittico di racconti già editi ma molto amati dai fan dell'autrice ferrarese-romana: si tratta de Le Radici del Male, già pubblicato da Addictions e formato a propria volta da Giù nel Delirio, Specchi di Sangue e Soluzione finale, per altre 200 pagine circa.
Avremmo preferito scriverne a lettura completata e assimilata, mentre per ora abbiamo solo iniziato il romanzo inedito. Tuttavia, essendo il libro disponibile in edicola nel mese in aprile, abbiamo preferito segnalarlo in tempo perché chi di voi non se lo fosse già procurato da sé faccia ancora in tempo a trovarlo in giro, se accetta il nostro consiglio: fin dalle prime pagine, si capisce che si ha voglia di andare avanti, in un incubo in cui le memorie e i dolori del passato portano avanti la trama assai più che i colpi di scena e le situazioni 'splatter', invero usate con gran misura. Ma è lo spessore del personaggio che ci fa partecipare alle sue azioni, no? E in questo, l'autrice riesce a fondere l'introspezione psicologica con eleganti scivolamenti nell'allucinatorio; anzi, a leggere queste pagine, sembra che il suo precedente Incubi fosse la 'prova generale' per arrivare alla più sofisticata misura con cui oggi Alda fonde reale e onirico nella sua trama.
Vorremmo comunque tornare presto su quest'autrice, approfondendo la sua bibliografia, i suoi rapporti col cinema (i corti di Appuntamenti Letali tratti dai suoi racconti), magari anche con una conversazione diretta con lei. Quindi avremo modo di completare anche le riflessioni su questa sua ultima fatica.
Buona lettura, il nostro prossimo appuntamento qui credo proprio che sarà dedicato ai vampiri cinematografici.
Mario