In un periodo così drammaticamente catastrofico per le sale cinematografiche è difficile parlare con entusiasmo dell'uscita di un nuovo film. Il nuovo DPCM è calato come una scure su tutte le nostre speranze di poter ritornare a vedere le pellicole di nuova uscita nel posto che loro spetta, cioè al cinema. Ma vogliamo essere speranzosi e positivi, proprio come il cinema nostrano, che nell'ultimo periodo sta emergendo dal torpore dovuto ai prodotti hollywoodiani, che ci hanno sempre causato grandi complessi di inferiorità. Come in ogni evento catastrofico qualcuno soccombe e qualcuno emerge... il grande meteorite Covid ha impattato sul mastodonte americano, ma forse c'è una speranza per il sottobosco, popolato dal cinema europeo, asiatico, e ovviamente da quello nostrano.
Negli ultimi anni si è potuto assistere ad una lenta rinascita del genere fantastico, che in Italia è sempre stato snobbato dalle case di produzione, perché ritenuto troppo costoso per i budget a cui siamo abituati. Ma la corrente è cambiata, visto anche il grande successo dei film Marvel e DC comics che hanno portato sullo schermo i supereroi, generando una cordata infinita di pellicole, in cui vige la spettacolarità delle scene e delle azioni. In Italia registi come Gabriele Salvatores, che nel 1997 ci ha investiti dell'onda cyberpunk con il suo Nirvana, e di recente si è confrontato con il tema del superpotere con le due pellicole dedicate al ragazzo invisibile (2014 e 2018) e Matteo Garrone, con le sue atmosfere fiabesche de Il racconto dei racconti (2015) e Pinoc
chio (2019), hanno confermato che anche qui da noi è possibile realizzare film di genere in maniera dignitosa e convincente.
E molto spesso non c'è neanche bisogno di grandi effetti speciali per poter imbastire un film che tratti queste tematiche e ce lo conferma Gabriele Mainetti, che con Lo chiamavano Jeeg Robot (2015) trasforma Peter Parker in un pusher delle borgate romanesche, alle prese con il boss di quartiere, che con l'avvenuta trasformazione in supereroe vive il dilemma etico di dover fare del bene, perché da grandi poteri derivano grandi responsabilità, filosofia marvelliana per eccellenza.
Questa tendenza, tuttavia, potrebbe far pensare ad una sorta di manierismo, nato sulla scia hollywoodiana del cinecomics, pescando dall'immaginario americano per riadattarlo a scenari più maccheronici, e non credo che sia la strada giusta. Il repertorio fumettistico italiano è vivo e corposo, perché allora non attingere da quello per nuove produzioni cinematografiche? Magari aspettiamo che ci rubino i personaggi per dar vita ad amorfe produzioni, come è stata quella di Dylan Dog: Dead of Night (2011), diretto da Kevin Munroe e interpretato da Brandon Routh, film presto dimenticato, fortunatamente. Oltre a Dylan Dog abbiamo molti altri personaggi, come Nathan Never e Martin Mystére, se vogliamo soffermarci solo sui bonelliani, ma che dire dell'icona del fumetto italiano per eccellenza, Diabolik? Il carismatico ladro dagli occhi di ghiaccio, freddi e spietati, assieme alla conturbante compagna Eva Kant, sono parte del nostro immaginario, in cui si incrociano il poliziesco e il giallo, generi molto graditi al pubblico del Bel Paese.
Gli appassionati di cinema sapranno molto bene che l'esperimento è stato già fatto molte lune fa, ad opera del maestro del terrore Mario Bava. Siamo nel 1968, e Dino De Laurentiis decide di produrre questo cinecomic (anche se il termine allora non esisteva), affidando la regia a Mario Bava, che lo trasformerà in un'opera visionaria e psichedelica, in cui le atmosfere lisergiche si sposano ad ambienti in linea con la pop art che disegnava l'estetica di quegli anni, strizzando l'occhio ai vari James Bond. Danger: Diabolik non è l'unica pellicola del genere che verrà realizzata in quel periodo, infatti un paio di anni prima Umberto Lenzi aveva portato sul grande schermo anche Kriminal, mentre Paolo Vivarelli realizzava a sua volta un Satanik.
Era nato un vero e proprio filone, che però si è esaurito in breve tempo, forse perché il fumetto è stato sempre stigmatizzato come un genere per ragazzi, e non preso abbastanza sul serio dagli stessi registi. Anche Bava, infatti, non dà al suo protagonista quella carica psicologica e carismatica da renderlo iconico quanto il suo alter ego di carta. Ma i decenni sono passati, e qualcosa è cambiato forse proprio nello spettatore, il pubblico è mutato. Il genere fumettistico oggi appassiona molto di più l'adulto che l'adolescente, forse perché gli adulti di oggi sono rimasti eterni ragazzini, come ha sottolineato Alan Moore in una sua recente intervista. Magari questa sindrome di Peter Pan ha determinato un cambiamento anche nella narrazione dei personaggi dei comics, con protagonisti sempre più realistici e sfaccettati psicologicamente, basti pensare all'intenso e drammatico Logan, The Wolverine (2017) diretto da James Mangold, con Hugh Jackman, e al tragico e disturbante Joker (2019) di Todd Phillips, con il quale Joaquin Phoenix si è aggiudicato il meritato Oscar come miglior attore.
Dare un taglio realistico al cinema fantastico sembra quindi una carta vincente, e quando il fantastico si mischia ad altri generi la ricetta è ancora più golosa. Proprio per questo Diabolik è un perfetto soggetto per il cinema, e dopo Mario Bava ci hanno riprovato i Manetti Bros., che con il genere poliziesco ci hanno giocato un po' con ironia, basti pensare all'ispettore Coliandro, o anche Ammore e malavita, che miscela il musical alla gangster story. Proprio per questa attitudine postmoderna siamo molto curiosi di vedere cosa ci aspetta con il loro Diabolik.
Qualche giorno fa sul web è stato diffuso il primo teaser del film (che potete trovare qui), che vede come protagonista Il bravissimo ed eclettico Luca Marinelli, affiancato da Miriam Leone/Eva Kant e da Valerio Mastrandrea, nella parte dell'ispettore Ginko, un cast davvero appropriato.
Poche immagini e colonna sonora poliziottesca, affidata come al solito al duo Pivio e Aldo De Scalzi (si dice, anche con una canzone scritta da Manuel Agnelli), ci catapultano in un giallo italianissimo, con un'estetica molto minimal, che riflette la percezione che la nostra epoca ha degli anni Sessanta, forse un po' legata alle scenografie kubrickiane, date dalla superficie lucida della Jaguar di Diabolik e dalla sua tuta total black, da cui gli occhi di Marinelli vengono fuori proprio bene! La trama parla dell'incontro tra Diabolik e la sua fedele compagna Eva Kant, nello stato fittizio di Clerville. Le location scelte per le riprese sono state Courmayeur, Milano, Trieste e Bologna.
Diabolik è prodotto da Mompracem con Rai Cinema, e distribuito da 01 Distribuition in associazione con l'editore Astorina, la casa editrice delle sorelle Angela e Luciana Giussani, le creatrici del personaggio, che pubblica il personaggio dal 1962. Il soggetto è scritto dai fratelli Manetti, dallo sceneggiatore Michelangelo La Neve e da Mario Gomboli, direttore dell'Astorina nonché storico curatore dei soggetti del fumetto, una scelta che piacerà agli appassionati del fascinoso ladro.
L'uscita del film è prevista per il prossimo 31 dicembre, e noi incrociamo le dita sperando di poter brindare alla fine di questo infausto anno assieme al “re del terrore” delle sorelle Giussani e ai Manetti Bros, augurandoci che questo 2020 viral-apocalittico funga da anno zero per un Rinascimento anche del cinema di genere italiano.