Ho visto in sala, in una sera d'intenso spleen, il nuovo film di Neil Marshall, che mi aveva colpito col suo precedente The Descent. Avevo bisogno di staccare e cosa di meglio che un roboante action senza un attimo di tregua per non dover riflettere sulle proprie miserie... beh, l'ho avuta, ma nell'insieme sono andato a casa deluso.
Del film s'è parlato già parecchio in giro: ad es. su Nocturno di agosto gode di un servizio (lusinghiero) su doppia pagina, mentre sul numero di settembre sta in copertina a un intero dossier sul cinema apocalittico, di cui effettivamente funge da perfetto catalogo riepilogativo, per chi avesse perduto qualche puntata.
Non ci sarebbe gran bisogno di scendere anche noi nell'arena dei gladiatori (mai espressione più indicata): lo facciamo con poche righe sintetiche per il gusto di regalarvi anche la nostra opinione spostando un po' la media. Che si bilancia fra lo scetticismo della stampa ufficiale - che bolla il film come un fracassone lunapark per ragazzini - e quella 'underground' alternativa, che invece vi trova celate qua e là le gemme del genere tirate a lustro.
In genere noi diffidiamo della prima, usa ad esaltare un film solo perché il regista ha fama "d'autore" (vedi il caso dell'ultimo Coen ridanciano), ma in questo caso ci schieriamo contro la seconda, che su Doomsday pecca di generosità, o almeno di troppa fede nei propri idoli, perché non basta allineare una serie di situazioni pescate dall'armadio del cinema postapocalittico per fare un buon film.
Spieghiamoci: chi scrive è un convinto fan di Carpenter, del suo 1997 Fuga da New York (di cui pare sia in cantiere l'immancabile remake, con Josh Brolin col difficile compito di rimpiazzare Kurt Russell come Jena Plissken!). Ho persino apprezzato il discusso seguito Fuga da Los Angeles, ama le ambientazioni apocalittiche (da Occhi Bianchi sul Pianeta Terra a 28 Giorni/Settimane Dopo) e le trame del "gruppo assediato", da Distretto 13 a Ghost of Mars, fino al recente 30 Giorni di Buio.
Ma, a prescindere dagli affetti personali, un film fatto praticamente solo di situazioni già viste in altre pellicole, prevedibile in ogni snodo per quanto adrenalinico, rimane solo un film-clone, non una "chicca": quelle le fanno (con buona pace dello snobismo che ormai circonda il loro successo mondiale) gente come Tarantino o Rodriguez, ma con un accumulo di citazioni da generi disparati spruzzato d'ironia, che è una griffe non così facilmente riproducibile come si crede.
Ora, leggetevi il dossier "Aftermath" di Nocturno ora in edicola per ripassare la storia del cinema apocalittico dagli '80 ad oggi (incluse le declinazioni italiane del genere), e poi ditemi se Doomsday non è una ininterrotta catena di situazioni già viste: la protagonista, l'aggressiva e sexy (molto!) Rhona Mitra, è una Jena Plissken al femminile (ha persino l'occhio guercio rimpiazzato non da benda nera, ma da bulbo digitale innestato e rimovibile come webcam mobile nei momenti di pericolo!); la trama in cui è calata ricalca il canovaccio dei due "Fuga" in maniera imbarazzante (il muro, le gang barbariche aldilà, gli inseguimenti, la cattura, la fuga...), fino ad offrirci l'immancabile duello nell'arena col colosso guerriero, il tifo sugli spalti e il perfido Malcolm McDowell che assiste grifagno (l'esito del duello è scontato).
Insomma - a parte la bizzarra parentesi medievalista (fin troppo medievale per un futuro oscuro, persino le armature!) della civiltà ricostruita da McDowell in Scozia, che sembra un po' un estratto di Conan - Doomsday allinea programmaticamente tutti i cliché "postatomici" di rito: cannibalismi, inseguimenti su veicoli di risulta (Mad Max), un furgone carico di barbari con mazze che insegue i nostri appiedati alla stazione, che sembra tratto di peso da I Guerrieri della Notte (altro mio cult personale)... beh, alla fine è troppo: il già visto - privo di distacco ironico come si diceva - alla lunga ammazza l'attenzione e la suspence latita: c'è un pericolo? Lo risolverà come Kurt Russel o come Mel Gibson?
Ed è un peccato, perche con The Descent Marshall aveva saputo costruire un film sì di genere, ma comunque di suspence, di shock e anche visivamente originale, oltre che non così scontato nell'osservare i rapporti psicologici fra le ragazze amiche/nemiche del gruppo. Qui c'è mestiere, tecnica indiscutibile, mezzi produttivi più che all'altezza, spettacolarità... ma secondo me non c'è il guizzo del genere reinventato con estro.
Insomma, dopo aver visto pure il film di Shyamalan, sembra che 'sto giorno fatale della fine del mondo o della civiltà o della specie o che altro stia diventando più che altro il Giorno del Giudizio per registi!
Provaci ancora, Neil.
Mario