Il giovane miliardario Clayton (Hayden Christensen) è innamorato della segretaria (quell’angelo incarnato di Jessica Alba) e deve farsi trapiantare un cuore nuovo.
Sua madre (bella e severa Lena Olin) ha idee diverse su entrambe le faccende, ma lui sposerà la ragazza di notte e si farà operare proprio da quel dubbio chirurgo suo amico di cui si fida, invece che dal luminare proposto da lei.
Solo che, quando è steso sul lettino chirurgico, comincia l’incubo: l’anestesia lo paralizza ma lui resta sveglio, come dice il titolo. E sente tutto. Ci pensate? Il suo sterno sezionato, le costole divaricate, il cuore asportato… L’orrore si annida dove meno te l’aspetti, persino nella terapia indispensabile per continuare a vivere. Bello spunto. Uno a zero per il giovane regista, il debuttante Joby Harold.
E non è tutto: il peggio è che Clayton, sospeso tra di qua e di là, dovrà scoprire che praticamente nessuno di quelli che si agitano intorno al suo muscolo cardiaco è realmente quello che lui pensava. E che proprio lui, il dorato rampollo, è già destinato a morire.
Stop. In un thriller a suspence andare oltre sarebbe… un colpo al cuore! Anche perché la trama scritta dallo stesso Harold – pare, ispirato da un periodo di malattia realmente vissuto – offre numerosi colpi di scena ben congegnati che vale la pena di assaporarsi a… cuore aperto?!
Ok, basta giochetti, se no pensate che questo trapianto sia tutto da ridere: mentre la trama è proprio il forte di questa pellicola e le scene in sala operatoria fanno abbastanza raggrinzire la spina dorsale, con quella stridente scissione fra le “normali” azioni compiute dai chirurghi sul corpo immobile e apparentemente tranquillo del paziente e le grida di dolore che questi ci trasmette, sotto forma di voce fuori campo.
Una tensione di tutto riguardo. Due a zero per Harold.
A questo punto s’inserisce nella storia l’elemento fantastico: Clayton sguscia fuori dal proprio corpo inerte e vaga come Dante nell’inferno del proprio incombente omicidio, la cui visione da una sorta di dimensione parallela si mescola a frammenti di ricordi del passato, della sua infanzia, dei fatti recenti, dei discorsi delle persone care... Con le quali però, purtroppo, quando ci si trova all’inferno non si riesce proprio a comunicare. Dopo l’orrore di Giuda, quello di Cassandra.
Questo espediente drammaturgico è abbastanza originale e interessante (anche se lambisce un po’ i territori new age del Sesto Senso), peccato non sia sfruttato a fondo; né dal punto di vista visionario (Harold non è ancora un Cronenberg della sala operatoria) né da quello filosofico (non è nemmeno Lynch o Jodorowsky, per dire). Mi spiego: la sterzata sovrannaturale potrebbe far “esplodere” il film nella rappresentazione di ciò che, letteralmente, sta fuori dal mondo, dalla nostra percezione di “realtà”. Clayton ormai è nella situazione che gli studiosi di sceneggiatura definiscono “notte dell’anima”, e che notte: si sta sporgendo sull’abisso, su un nero senza fondo, che la mente umana non può comprendere. L’orrore cosmico, assoluto.
Ma qui il regista si ferma: non gli interessa o non ha la forza di farcelo vedere? Di fatto, utilizza la scissione del protagonista solo per offrirci un particolarissimo punto d’osservazione per scoprire con lui cos’è successo, ma poi la vicenda procede nella direzione di un giallo “realistico”, con colpevoli e moventi umani per quanto spietati, insomma pratici, logicamente spiegabili seppur esecrabili.
Ciò che occorre al regista americano “medio”, come si diceva già a proposito di Dark Corners, (ma vale anche per il mediocre Living Death, altro film recente su tematiche simili), per spaventarci un po’ ma senza mettere davvero in discussione che in fin dei conti la realtà è quella che vedevamo anche noi e che, quando alcuni compiono dei crimini, i cattivi si possono sempre individuare e sconfiggere.
L’abisso, il Regno delle Tenebre degli E. A. Poe, degli H. P. Lovecraft o, oggi, di un Thomas Ligotti (*), è stato scongiurato anche stavolta dalla razionalità umana e da un gesto d’amore eroico.
Probabilmente una visione di questo genere non era nemmeno fra gli obiettivi del giovane regista, menchemeno dei suoi produttori, tutti soddisfatti di confezionare un buon thriller visibile con gusto e giusti sussulti da un pubblico “medio”, che non sta cercando il nuovo Inseparabili, il nuovo Shining o Eraserhead.
Buone visoni.
Mario G
La presentazione del film di Mario in collegamento con Debora Montanari va in onda su CiaoRadio venerdì 14 novembre alle 14,30 ne Il Cinema alla Radio. Contemporaneamente, il film è in distribuzione nelle sale italiane.
(*) Trattandosi di autore ancora poco noto da noi, vi segnalo che Thomas Ligotti è uno dei più raffinati esploratori del “dark side of the moon” della follia e dell’onirico della letteratura contemporanea, non solo americana probabilmente.
Ne trovate un’eccellente raccolta di racconti sotto l’efficacissimo titolo di Canti di un Sognatore Morto (Elara 2008, 325 pag. – 27 €). Prezzo alto ma materia vibrante, di un’inquietudine soffocante da cui non ci si libera facilmente. Ci torneremo più a fondo.