Il primo commento di un caro amico al mio giudizio sul nuovo lavoro di Tarantino/Rodriguez è stato: "ma è un flop: è costato tantissimo e non sta incassando niente!". Sebbene siano molte le considerazioni che si possono fare sul nuovo lavoro della coppia di amiconi in oggetto, non credo che l’incasso sia la discriminante sulla quale basare un giudizio critico del lavoro.
Per comprendere più chiaramente la situazione è certamente meglio pensare di inquadrare in quale filone dell’opera del regista questo film si inserisce.
Tarantino non è certamente più agli esordi, quando ci deliziò con opere innovative e geniali ('Pulp Fiction') o semplicemente adorabili ('Reservoir Dogs'), e nemmeno nel periodo "di mezzo" della sua carriera in cui cercava di sviluppare nuove declinazioni della classicità di un passato mitizzato ('Jackie Brown'). Il Quentin Tarantino di 'Grind house' è lo stesso di 'From dusk till dawn', non a caso realizzato con il fedele Robert Rodriguez. Insomma, più che una geniale riflessione sul guardare oggi ('Pulp Fiction') o una rielaborazione di tutti gli amori di gioventù ('Kill Bill') questo film è un divertissment, d’autore, ma sempre divertissment, come lo era stato appunto Dal tramonto all’alba.
Lo si capisce dall’apertura: non si parte con il primo dei due film che compongono il double bill, ma con un trailer di una clamorosa cazzata, del tutto inventata, dal titolo di "Machete". Solo dopo parte il primo film, 'Planet Terror', quello girato da Robert Rodriguez, ovvero un infection movie sullo stile dei film di serie z alla Lenzi, Fulci (quello peggiore) e Mattei. Il film è divertentissimo, alterna sapientemente momenti di azione a passaggi di volutamente ridicolo e approssimativo approfondimento psicologico dei personaggi (viene alla mente il passaggio in 'From dusk till dawn', in cui il personaggio interpretato da Harvey Keitel deve convincersi di aver riscoperto la propria vocazione, altrimenti le sue benedizioni non saranno efficaci contro i vampiri). Il film scorre veloce e non annoia mai e, la fine, con la sua giusta dose di colpi di scena e catastrofismo d’accatto, funziona alla grande. Si segnalano piccole parti per Bruce Willis e Quentin Tarantino.
Dopo una serie di altri trailer completamente inventati di cui è difficile dire quale sia il migliore, se "Don’t", terrificante accozzaglia di stereotipi e luoghi comuni del cinema horror planetario o "She were-wolf of the SS", divertente e divertita presa in giro di Rob Zombie (con Bill Mosley e Sheri Moon Zombi!).
A seguire, almeno nelle sale americane, è il film di Tarantino, 'Death Proof', forte dell’interpretazione di un ottimo Kurt Russel. Il film racconta l’uscita di un gruppo di amiche che finirà per incrociare sulla propria strada il folle ex-stuntman interpretato da Russel che, dopo aver ucciso una delle amiche delle ragazze, se la vedrà molto, molto brutta.
Questo secondo segmento, anche a causa del confronto forzato con il film precedente, convince un po’ meno, anzi decisamente di meno, anche a causa dei lunghi dialoghi di chiara matrice tarantiniana, che rallentano un po’ troppo l’azione. Azione che si concentra tutta nella parte conclusiva del film, lasciando andare il resto in un limbo che, pur simpatico e piacevole, non conquista del tutto.
Anche in questo caso è impossibile dire quale sia l’influenza più forte nelle migliaia (letteralmente) di ispirazioni del regista, anche se di certo per lo meno il finale paga un evidente omaggio a Russ Meyer.
E ora veniamo alla domanda definitiva: si tratta o no di un buon film? Insomma li vale o no i sette euro e mezzo del biglietto (11 bucks in the US)? Innanzitutto la durata del double bill depone a favore del film. Quasi tre ore di divertimento intervallate da ottimi promo non sono merce comune di questi giorni (ma attenzione, si tende a ritenere ormai certo che in Italia, terra dei furbi oltre che dei morti viventi, il film uscirà in due tranche autonome, quindi gli euro saranno 15, ça va sans dire, mentre è incerto il destino dei falsi provini, NdR).
Certo, se non ridete davanti a spappolamenti, amputazioni di arti e asportazioni di testicoli, improbabili suicidi e quant’altro la follia dei due autori riesce a inventare (e quasi non ci sono limiti), questo film non è decisamente consigliato. Ecco perché, ricollegandoci all’inizio, l’incasso non è certo un metodo valido per giudicare l'opera, si tratta di un lavoro realizzato da appassionati per altri appassionati.
Un'ultima annotazione va fatta: anche se non apprezzate l’esibizione, un grande merito va riconosciuto a 'Grindhouse': quello di riportare alla luce quel cinema di serie b-c-d-eccetera, che tante persone ha entusiasmato nel passato e che tanti ancora entusiasmerà.
Resta da capire quando e quale versione (i due film assieme, quanti e quali tagli) uscirà in Italia del film. Dalle indiscrezioni lette in rete, sembra che il film, già tagliato negli Stati Uniti, sarà nuovamente oggetto di rimaneggiamenti e variazioni di natura sconosciuta. Anche se, come si accennava sopra, è probabile che li vedremo come due film 'stand alone', allungato ciascuno di un 20-30' di scene originariamente tagliate, sia per gli scarsi incassi USA sia per la nota inesistenza del concetto di 'grindhouse-double bill' nella nostra memoria collettiva di poveri europei.
Stefano Bardi