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Riddick - cow boy nello spazio

Written by  22 Aug 2013
Published in Cinema
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Il terzo film della saga del nerboruto ricercato interplanetario torna alle origini su un pianeta infestato di mostri e sfoggia tutti gli ingredienti di un classico western in ambientazione spaziale.

 


Curioso caso, la saga di Riddick: un classicissimo b-movie fanta horror figlio di Alien si trasforma in un marchio di fabbrica, se non proprio in un’operazione autoriale. Ricapitoliamo: Pitch Black, diretto dal poco men che esordiente David Twohy, segna l’esordio del muscoloso Mark Vincent Sinclair III, che col nome d’arte di Vin Diesel diventerà una star del cinema tamarro, soprattutto colla serie dei Fast & Furious, ora giunta nientemeno che al capitolo 6.

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Ma il primo amore non si scorda mai, quindi nel 2004 i due tornano al personaggio dell’invincibile ricercato spaziale con Chronicles of Riddick: rimane il protagonista (ora Diesel è anche produttore), ma cambia totalmente la trama: dal fanta horror con mostri ci spostiamo in un territorio che definirei di “space opera al nero”, in cui il furyano Riddick si trova al centro di una complicata lotta fra altre etnie cosmiche (Elementali, Necromonger) e su diversi pianeti (Helion Prime, Crematoria) per il potere sulla schiatta dei Necromonger e la salvezza (o la distruzione finale) della propria razza.

Ambientazioni minacciose e desolate che ricordano il non dimenticato piccolo cult Hardware di Richard Lester, ma anche dei fumetti di Metal Hurlant/Heavy Metal.

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Nonostante l’indiscutibile spettacolarità, la dovizia di combattimenti muscolari (ce mancherebbe!) e il visibile incremento di budget produttivo, il film non sbanca ai botteghini. Ma il Diesel è un duro dal cuore d’oro anche nella vita e non molla: dopo ben nove anni dalle Cronache ritorna a rischiare in proprio producendo anche il terzo capitolo della saga che gli ha dato la fama (e che ormai conta all’attivo anche un corto animato di collegamento e un paio di videogiochi), sempre col fido Twohy (praticamente ormai un suo dipendente) a curare la sceneggiatura e la regia. Un duo inossidabile legato a filo doppio, dei Blues Brothers della sci-fi, se notate quanto poco altro abbiano sostanzialmente fatto al di fuori di questa saga (e di quella delle corse in auto il Diesel).

Riddick, terzo (e pare ultimo) film della serie, esce nelle sale italiane il 5 settembre e probabilmente non passerà alla storia per l’originalità del titolo, ma va detto che nove anni son tanti per un franchise cinematografico, bisogna fare un bello sforzo se si vuole seguire la continuità della storia: e c’è anche il rischio che i ragazzi che avevano apprezzato i precedenti capitoli non tornino neanche a vederne la conclusione perché hanno figli piccoli che frignano di notte, ormai!

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Ma bando alle gag e veniamo al film: Riddick è un sequel più diretto delle Chronicles, che inizia col protagonista mezzo morto sul pianeta desolato su cui era stato mollato dai Necromonger traditori che miravano al trono su cui l’avevamo lasciato assiso. Ma la trama si ricollega anche a Pitch Black, coll’eroe dagli occhi all’infrarosso braccato da cacciatori di taglie umani in una landa desolata che – allo scrosciar delle piogge (invece che al calar delle tenebre) – viene invasa dai mostruosi rettili-scorpioni lovecraftiani che erano l’orribile minaccia nel film capostipite.

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Ricordo un vecchio servizio della trasmissione Odeon (quando la tv faceva anche informazione, a volte addirittura approfondimento) sull’allora nuovo successo planetario di Guerre Stellari: sezionandone i quadri, veniva messo in evidenza come il l’opus di George Lucas travestisse in paludamenti spaziali espliciti riferimenti a tutti i generi del cinema d’azione; il bellico (i duelli delle astronavi come duelli aerei), il cappa e spada (i duelli alla spada laser come tornei fra cavalieri medievali), il western (la scena nella locanda popolata di mostri come un saloon dei cow boy).

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Ebbene, Riddick non vanta certo cotanta varietà, ma ha tutti i crismi per figurare come un solido western nello spazio (notate il paesaggio di frontiera nella foto qui a destra): il protagonista è un eroe scultoreo nei panni del fuorilegge, inseguito da due squadre rivali di cacciatori di taglie (l'una capeggiata dal padre del Johns, che l’aveva arrestato nel primo film, il capo dell’altra addirittura viene chiamato “Santana” dai suoi!).
Vero duro al titanio, sfoggia con voce roca (da noi di Massimo Corvo) battute lapidarie da far impallidire il Clint Eastwood dei tempi d’oro: “se mi slegate le catene, entro cinque secondi sei morto”. (azione) – Hey, l’ha fatto davvero in cinque secondi! “Mi piace mantenere la parola”.

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Il personaggio Riddick è ovviamente un precipitato di eroi rocciosi del cinema di genere, dal citato Eastwood a Bruce Willis (di cui sembra anche un clone fisico), fino allo Jena Plissken di Kurt Russell in campo più strettamente s/f; e in questo ruolo Diesel gigioneggia con un’ironia sui cliché spacconeschi che io ho trovato davvero divertente, come altri la troveranno irritante proprio per gli stessi motivi: niente di nuovo, né dal punto di vista narrativo fantascientifico né da quello del linguaggio cinematografico, cliché reiterati, azione spacca tutto e così via.

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Ovunque vi schieriate, sappiate che analiticamente io dividerei la pellicola in tre grossi blocchi tematici: l’inizio, la parte più survivalist, in cui Riddick deve sopravvivere alle ferite, all’ambiente desolato e ostile del pianeta e alle sue voraci creature, è la parte più “per ragazzi”, che comprende anche l’amicizia col cucciolo di “jena-dingo” adottato dall’eroe come compagno d’avventura; la parte centrale, la più western, con i cacciatori di taglie che si trovano “assediati da un uomo solo” nella base in mezzo al deserto (e qui campeggia il riferimento al Carpenter fanta western di Fantasmi da Marte); il finale (foto qui a destra) con la battaglia notturna contro i mostri, che si riallaccia al fanta horror di Pitch Black, chiudendo il cerchio.

Chiudendolo davvero? Mah, credo che solo il botteghino potrà dirlo: anche se la saga di Riddick pare fosse stata concepita già all’origine come una trilogia, il finale non esclude possibili futuri sequel “a grande richiesta”, ove tale fosse il responso del pubblico stavolta.

Beninteso, i detrattori di cui sopra hanno altrettanta ragione a definire il film “la solita burinata fracassona”, quanta ne ho io nel trovarlo spiritosamente divertente (più del suo già più serioso precursore, che ricordo pochissimo, per dire), come lo apprezzeranno tutti quelli che ci si divertiranno, in serate fra amici (fidanzate solo se molto mache) a base di birre e pop corn.

Questo è il vero scopo di un film come Riddick, che vi assolve con onestà e senza pretese di squadernarci i misteri del cosmo. Se vi va il gioco, non tradisce.


Mario G

Last modified on Sunday, 01 September 2013 14:23
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