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I wish I was there - gli anni '70 alla Triennale

Written by  20 Nov 2007
Published in Notizie
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Gli anni ’70 non sono mai finiti e filtrano fra le crepe del continuum spazio temporale fin nel nostro plastificato presente. Con il servizio sulla mostra alla Triennale di Milano, Posthuman dà il benvenuto a una nuova voce, Desy B.

“Si sono presi il nostro cuore sotto una coperta scura…” sono le parole di Fabrizio De Andrè ad accogliere il visitatore e ad accompagnarlo, impresse sui muri bianchi, attraverso un viaggio nel passato, alla (ri)scoperta del cinema, della musica, dell’arte, dei colori e degli avvenimenti di un decennio indelebile nella memoria collettiva italiana. Il decennio lungo del secolo breve, ovvero gli Anni Settanta, celebrati in una mostra della Triennale di Milano, curata da Gianni Canova, che si pone l’obiettivo di andare oltre gli anni di piombo cercando di “riesumare l’altro” per dirla con le parole del curatore, senza dimenticare il tragico, e prova, riuscendoci, a trasportare il visitatore in un universo parallelo per fargli vivere (o rivivere) l’esperienza di quegli anni.

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Fin dalla prima installazione siamo posti di fronte alle due anime degli Anni Settanta: il bianco/nero e i colori, lo statico di fotografie che raccontano di cortei e uccisioni e il dinamico delle scene di vita quotidiana che parlano di matrimoni e vacanze al mare: la Vita e la Storia, il Pubblico e il Privato. Contrapposizione che è in realtà sovrapposizione, e che ci accompagnerà per tutto il percorso della mostra, tra i dischi in vinile e la Prigione del Popolo, tra tv a colori e drammatiche prime pagine dei quotidiani dell’epoca.

Le scene - e gli anni - si susseguono in ordine sparso: il teatro raccontato attraverso le sagome cartonate degli attori dell’epoca e una rappresentazione di Mistero Buffo di Dario Fo, la musica celebrata attraverso le più famose copertine di Storm Thorgerson e una “Cappella Seventina” colma di immagini e simboli che sormonta un pavimento di vinili giganti, il cinema ricordato nelle sue due connotazioni “impegnato” e “trash”, dove una divertente installazione con grossi buchi della serratura trasporta il visitatore in un film di Alvaro Vitali e, anzi, lo “trasforma” in lui.

E ancora, la letteratura, con le prime pagine dei libri usciti nel decennio contrapposte alle interviste ad alcuni degli scrittori di allora, la sezione dedicata all’arte e al design, che ripropone alcuni elementi di un mostra “Italy: The New Domestic Landscape” inaugurata al MoMA di New York nel maggio 1972, lo sport con le immancabili figurine panini affiancate ad una proiezione del celebre incontro di pugilato Ali-Foreman del ’74 a Kinshasa.

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E non poteva mancare la Storia, nazionale e internazionale: quella che si apre a Praga con lo studente Jan Palach che si dà fuoco come atto estremo di protesta contro la repressione sovietica (19 gennaio 1969) e si chiude a New York, dove John Lennon viene ucciso a colpi d’arma da fuoco (8 dicembre 1980) e passa attraverso piazza fontana, il rapimento di Aldo Moro, il referendum sul divorzio, l’uccisione di Pasolini, le dimissioni di Leone… una storia “abbagliante”, come i fari dell’Alfa Romeo GT Veloce di Pasolini che accecano il visitatore da una stanza buia, una storia “angosciante” racchiusa nei 3,24 mq della Prigione del Popolo ricostruita da Francesco Arena, una storia fatta di drammatici titoli dei quotidiani e leggere copertine dei rotocalchi, che raccontavano gli uni accanto alle altre le due anime di una nazione.

annisettanta non è una mostra da vedere, è un mostra da vivere. In prima persona, lasciandosi trasportare dalle emozioni e dai ricordi, entrando in un bar dove tutto è come allora, (il jukebox, il flipper, il bancone, le carte da briscola) o mettendosi in gioco, come nell’installazione dedicata ai cortei, “tutti per uno, uno per tutti”, dove grazie ai prodigi della tecnologia la nostra immagine e il nostro grido “battagliero” viene ripetuto all’infinito sulle tre pareti della stanza.

E’ una mostra da vivere con inevitabile nostalgia, seppur ideata e realizzata con tutt’altro intento che quello nostalgico, per chi in quegli anni c’era, come i miei genitori, che nell’attraversare una stanza dopo l’altra rivivevano i momenti più belli o tristi della loro adolescenza e giovinezza.

Una mostra da vivere con un pizzico di rimpianto, per chi come me e mio fratello il caso ha voluto far nascere agli inizi degli anni 80 e che gli anni settanta li può respirare solo attraverso i Led Zeppelin, London Calling, Il Padrino, Frank Zappa, Arancia Meccanica, The Dark side of the Moon… che passo dopo passo cercavamo di riconoscere i volti, i suoni, le opere per mettere alla prova la nostra conoscenza storica.

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La mostra, che si chiude con una sezione dedicata alla moda/antimoda di Elio Fiorucci quasi ad anticipare ciò che saranno i “ruggenti” anni ottanta, è ben lungi dall’essere una semplice raccolta di oggetti o immagini dell’epoca (siamo lontani anni luce dalla mostra sugli Anni 50 in scena qualche anno fa a Palazzo Reale), ma è piuttosto un complesso ed esteso labirinto che si addentra in ogni aspetto ludico, culturale, tragico, fumettistico, artistico e quotidiano di un decennio ancora aperto. Perché, come scrive Gianni Canova nella sua introduzione alla mostra: “Gli anni settanta non sono finiti, non sono passati. Sono ancora qui. Con i loro conflitti, le loro speranze, le loro categorie di interpretazione del mondo. Dal buco più nero del secolo scorso, ancora ci riguardano”.

Desy B

annisettanta – il decennio lungo del secolo breve - è alla Triennale di Milano fino al 30 marzo 08

Last modified on Wednesday, 21 November 2007 17:23
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