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Crimson ProjeCKt, spirito progressivo in musiche mutanti

Written by  02 Apr 2014
Published in Musica
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La formazione spin off dei King Crimson con Belew, Levin e Mastelotto all’Auditorium di Milano: oltre due ore di viaggio sonoro nel rock che non si ferma mai, con un doppio trio torrenziale, virtuoso e sperimentale insieme.

 


 

Robert Fripp promette di riportare in scena i King Crimson quest’anno, nella loro ottava incarnazione con tre batteristi, sax e due chitarre. Fra queste non figura quella dello storico sodale Adrian Belew, in formazione dalla svolta talkinghedasiana dell’81 (Discipline).

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Ed ecco che lui mette insieme i Crimson ProjeCKt, con altri due membri storici: il super bassista/stickista Tony Levin (che vedrete in scena anche nel film concerto di Peter Gabriel “Back To The Front”, di cui vi diremo fra pochi giorni) e il batterista Pat Mastelotto (accanto a Levin nell'acquerello qui a lato, dipinto durante il concerto da Alessandro Curadi).

I tre “storici” (benedetti a distanza dallo stesso Fripp) sono ora affiancati da tre musicisti più giovani: Markus Reuter alla touch guitar, il batterista Tobias Ralph e Julie Slick al basso, a occhio la più giovane, allieva della School of Rock di Paul Green. In pratica la line-up di double trio dell’ultima fase dei King Crimson dalla metà degli anni ’90 in qua.

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E proprio quelle sonorità il doppio terzetto (nel composite in apertura e a destra sul palco) s’incarica di rivitalizzare nello strepitoso, torrenziale concerto in cui si sono esibiti all’Auditorium di Milano lunedì 31 marzo, davanti a circa un migliaio di fan esultanti di tutte le età (immagino, circa la metà chitarristi in adorazione!): giustamente esultanti, perché il sestetto non ha fatto mancare nulla alle nostre orecchie (QUI vedete Three of a perfect pair e qualche altro clip della serata).

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Brani dai 4 album dello Stick Men Trio by Levin (nella foto a sinistra, che oltre a suonare da dio, canta e parla un ottimo italiano), Mastelotto e Reuter (che suona la sua chitarra con virtuosistici tapping a due mani, come Levin suona lo stick), molto basati sull’improvvisazione (notevole Open Part III).

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Brani dai lavori dell’Adrian Belew Power Trio, in cui il grande chitarrista (già con Zappa, Bowie, Talking Heads, Laurie Anderson e Nine Inch Nails) è affiancato dai giovani Ralph (batterista che duetta con Mastelotto ad armi pari, pure lanciandosi dei buffi strumentini sonori tipo nacchere da un drum kit all’altro) e Slick, eccentrica bassista scalza dalla cascata di ricci su occhiali da sole con montatura rossa (foto a destra).

E, ovviamente, brani dei King Crimson dagli ’80 in poi, i più attesi, eseguiti in sestetto completo e salutati da autentiche ovazioni: Discipline e Indiscipline, ovviamente, puri Talking Heads cold funk rigenerati, B’Boom, Thrak e le acclamate Dinosaur e One Time (cantate dalla splendida voce tenorile byrniana di Adrian) da Thrak, sottovalutato capolavoro del ’95 che merita d’essere riscoperto, sono i picchi che ho riconosciuto io.

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È un viaggio a rotta di collo in quasi 35 anni di costante innovazione musicale senza tregua, senza pose da star ma senza mai riposare sugli allori: dal funk di casa Byrne di cui si diceva al jazz rock più ardito: Zappa filtrato attraverso le asprezze di Arto Lindsay, Elliott Sharp e i newyorkesi radicali della no wave, fino ad inglobare l’elettronica (i famosi frippertronics, ricordate?, ma anche nei suoni di batteria, non solo nell’elaborazione delle chitarre), gli sperimentalismi live (Belew che strapazza la 6 corde con un trapano elettrico!), poi l’hard rock evoluto (dai Primus ai Dream Theatre) e l’industrial metal che Belew ha praticato a casa Reznor negli anni ’90.

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Non ci sono 21st Century Schizoid Man e i classici dei ’70, ma quello dei Crimson ProjeCKt è comunque l’autentico “spirito progressive”, ossia ampliare le prospettive della musica inglobando tutto quello che può farla avanzare oltre, senza timori reverenziali verso nulla: classica, contemporanea, etnica, elettronica, free e quant’altro.
Il tutto scodellato da un sestetto di musicisti che valgono ciascuno una band a sé: e lasciamoci alle spalle una buona volta anche il pregiudizio “molto new wave” che chi sa suonare bene lo faccia solo per autocelebrarsi. Palle, c’è chi si celebra (ad es. Peter Gabriel che rifa So 25 anni dopo), chi continua a fare per una vita l’unica cosa che sa fare e chi sa andare avanti, incurante del successo, del mercato e delle celebrazioni del bel tempo che fu.

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Musicisti così dotati, che hanno attraversato tali e tante esperienze da poter dire (anche se non lo fanno per modestia) d’aver scritto ben più d’una pagina di Grande Storia del Rock, sanno usare una tecnica virtuosistica al servizio dell’innovazione continua. Ascoltandoli, capisci da dove son sbucati non solo i Porcupine Tree e i già citati Dream Theatre (con cui Levin ha suonato in studio), ma anche i (grandissimi) Tool negli anni più recenti.

Che dire d’altro? Quasi due ore e mezza di festa e continue sfide per le orecchie: il suono a due chitarre-stick-basso-due batterie, anche se sempre ricercatissimo, alza un sonic wall degno del metal più avanzato e cerebrale. I due rientri per bis sono acclamazioni degne di pop star. Meritatissime. Davvero questi ultrasesantenni mettono in crisi il concetto di “musica giovane”: quanti oggi potrebbero essere anagraficamente loro figli eppure già vivono stabilmente di revival di varie stagioni passate?

All’uscita mi son procurato di corsa al banchetto del (peraltro costosissimo) merchandising l’Official Live Bootleg 2012 dei Crimson ProjeCKt e il live Power Play del trio Stick Men. E non li ho ancora spenti.


Mario G


P.S.: tutte le foto che illustrano l'articolo provengono dal web e non sono state scattate la sera del 31 marzo all'Auditorium. Posthuman ringrazia gli sconosciuti autori, disponibile a rimuoverle qualora essi ritengano che la pubblicazione sul nostro sito leda i loro diritti.

Last modified on Saturday, 05 April 2014 22:41
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