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Paolo Di Orazio e Vloody Mary, carriera di sangue

Written by  28 Nov 2011
Published in Libri
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L'ultimo romanzo gore metal di Paolo Di Orazio nella recensione di Patryck Ficini per Sueurs Froides, con un brano in esclusiva per Posthuman. Un autore ormai navigato, ma che non rinuncia mai a colpirci duro sotto la cintola.

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<<Aveva composto quel bouquet di fiori scuoiando una prostituta trans abbordata in viale Palmiro Togliatti, dalla parte del viadotto sopra la via Casilina e la ferrovia est, ottenendo fettucce tenere dalla parete addominale con un coltello a lama liscia, rollandole dalla parte rossa e viva, per poi tagliuzzarne i bordi e fissare il bocciolo in cima allo stelo d'acciaio, sulla prima croce spinata. Il mazzo dai petali morti viventi grondava ancora plasma quando Vloody Mary glielo consegnò a casa. Allora la amava. Aveva ucciso per quel dono, si era dovuta occupare del cadavere, per poi lavorare sulla composizione. Quello era amore. Le consegnò i fiori strappandosi la carne delle mani in cui si erano infitte le spine metalliche. Martyna prese il suo regalo e la baciò, spingendole la lingua in gola e sui denti, poi sul volto, sugli occhi e le orecchie, schiacciando le rose tra i corpi. Baciandosi, finirono a letto, sposando sangue e ferite nel filo spinato in un diluvio di baci e di lacrime, mentre dal computer girava a loop Enigma of The Absolute dei Dead Can Dance”>>.

Il romantico passaggio che avete appena letto è un estratto da Vloody Mary (Ed. Coniglio, pgg 192, 12,50 €, cover in apertura), ultimo romanzo di Paolo Di Orazio, da noi riprodotto per gentile concessione dell'autore e dell'editore.

Scrittore, fumettista, paladino dell'horror più estremo (vi era parso?!), capace di generare scandali nell'Italietta in cui nulla fa più scandalo, un passato remoto nel porno (come Abel Ferrara!) e un altro da batterista e fondatore del gruppo rock demenziale Latte e i suoi Derivati, Paolo Di Orazio è un agitatore indefesso della scena pulp del Belpaese da ben prima che il termine diventasse di gran moda.

Nostra colpa non esserci ancora occupati a dovere della sua tentacolare (si può ben dire) produzione: rimediamo ora, avvalendoci della consumata esperienza sulla letteratura di genere e sul fumetto italiani di Patryck Ficini, che cura la rubrica letteraria Chrnoiques Infernales per il sito francese Sueurs Froides di Sin'Art.

Cediamo quindi a lui il microfono per questa prima puntata di una collaborazione fra i due siti che porterà presto altre sorprese.

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Nel lontano 1989, Splatter - rivista di fumetti ultraviolenti pioniera nel genere qui in Italia (una cover sotto a destra)- svolse nel campo del fumetto italiano un ruolo simile a quello della serie "Gore" in Francia a partire dal 1985, anche se la prima nasceva più o meno quando l'altra moriva. Una serie di storie horror sanguinarie fino all'estremo, che facevano a fette qualsiasi idea di 'buon gusto' spingendosi ben oltre il livello di gore all'epoca tollerato dal Dylan Dog dell'epoca.

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Meglio così: letteratura e fumetto devono affrontare anche percorsi trasversali, incuranti del concetto di limite o censura. Ce n'è già abbastanza di autori ben levigati e politicamente corretti: ci servono anche dei ribelli e dei fuorilegge. E, conoscendo il valore sia degli sceneggiatori che dei disegnatori fuoriusciti dalla fucina di Splatter - fra cui basti ricordare che mosse i primi passi anche la grandissima Alda Teodorani - farsi ulteriori scrupoli è del tutto inutile.

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Il demiurgo di Splatter era appunto lo sceneggiatore e romanziere Paolo Di Orazio: la sua famigerata ed eccellente antologia di racconti Primi Delitti (che vedete riprodotta in piccolo insieme all'autore nell'immagine qui a sinistra) uscì insieme a Splatter e vendette ben 12.000 copie, scioccando a tal punto la censura dei media e della politica con le sue schegge d'infanzia assassina, che la sua assoluta (e abbastanza unica) libertà nell'uso di toni forti fece gridare allo scandalo.

I giornali lo definirono "un libro sadico per bambini", accusandolo di "insegnare" ai piccini come far secchi genitori e nonni!

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Paolo Di Orazio, allora 24enne, è tuttora autore molto attivo: recentemente ha dato vita all'avventura di Shinigami (vedete a destra la cover del numero 2), altro appassionante progetto editoriale. Stavolta si tratta di un progetto più "intellettuale" e artisticamente ambizioso piuttosto che apertamente splatter - pur nell'ambito del fumetto horror - che ricorda sovente l'immaginario di Clive Barker o quello orientale di autori come Junji Ito o Hideshi Hino. Un modo di trattare lo stesso genere in maniera del tutto differente, senza mai ripetersi.

Purtroppo, Shinigami - pur essendo sempre apostola di una 'necrocultura' priva di tabù - non ha incontrato il successo sperato (come notate al link riportato, in edicola non è stata distribuita oltre il terzo numero e il suo creatore ci ha dichiarato di stare ancora riflettendo sulle possibilità offerte dal web per garantirle sopravvivenza, NdT). Oggi è sempre più difficile fare breccia nel mondo del fumetto in Italia: non solo per la forte concorrenza del prodotto manga orientale ma anche per quella esercitata da altri media (su tutti i videogiochi) sull'immaginario del target adolescenziale di riferimento.

Nel caso particolare, in un tale scenario probabilmente non è stata nemmeno compresa appieno l'ambizione artistica di Shinigami: per i più l'horror rimane sempre un genere letterario di puro intrattenimento per ragazzini e metallari (o meglio per ragazzini metallari), mai e poi mai come un'espressione artistica dotata di una propria autonomia di linguaggio ed estetica. Che è proprio ciò a cui puntava Shinigami, anche se con una fortuna non entusiasmante.

Ma Paolo Di Orazio non si lascia fermare da questo nella sua proverbiale prolificità. Come Tiziano Sclavi - padre del succitato Indagatore dell'Incubo - non si occupa solo di fumetti ma continua a scrivere anche narrativa; ed eccoci quindi finalmente al suo ultimo romanzo, Vloody Mary appunto. Si tratta di un thriller-horror (e non serve più enumerare i punti di contatto fra i due generi, teatro d'azione di duri sbirri e assassini sanguinari) cupo, violentissimo senza remore, ma anche intelligente e assai ben scritto.
Davvero un bel pezzo di letteratura, segno - se ci fosse ancora bisogno di dimostrarlo - che Di Orazio non è proprio l'ultimo della lista.

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L'intrigo ce l'ha riassunto in breve l'autore stesso: "Vloody Mary è una dj metallara (Paolo si è ispirato all'omonima animatrice delle goth-night capitoline, ritratta accanto a lui nella foto qui a sinistra, NdT); vive con la sua compagna una storia d'amore e odio, mentre un assassino uccide e divora le sue vittime e un commissario segue le sue tracce insanguinate, che portano - guarda un po' - dritte a Mary...".

Vloody Mary - spiega Di Orazio - dà inizio a una "trilogia orchestrale incentrata su diversi personaggi, che vorrei esportare anche in altri Paesi, avendoli dotati di un'anima essenzialmente musicale. Desideravo inoltre smontare la nuova maschera del vampiro e del morto vivente, per creare qualcosa di primordiale, in grado di riportare il lettore a una dimensione mistica dell'orrore".

Vloody Mary parla dunque di heavy metal, licantropi, cannibalismo e necrofilia, ma anche di molto altro: ci si trova un prete-vampiro psichico, tema evidentemente poco trattato anche nella non poca letteratura vampiresca disponibile in questo periodo.
Di Orazio getta inoltre un ponte fra romanzo e fumetto, aggiungendo una scena disegnata in tre tavole (così evocando la celebre scena manga di Kill Bill, ma nulla di gratuito dati i collegamenti fra i due linguaggi, praticati - oltre che da Sclavi e Teodorani - anche da Paola Barbato per esempio).

E chiudiamo sulle parole dell'autore: "Il romanzo piace molto alle donne, specie a quelle che di solito non amano molto le storie di sangue, le metamorfosi corporee e le descrizioni orrorifiche in genere" (paradossalmente forse, dato che il libro non è affatto avaro di alcuno di questi elementi!). "Ma Vloody Mary è anche un omaggio a me stesso, perché mi sono trasformato in ciascuno dei personaggi narrati, utilizzando il quartiere in cui vivo come ambientazione, insieme ad alcune zone molto degradate di Roma". Romanzo di genere e romanzo personale al contempo, dunque.

Vloody Mary in conclusione sono 190 pagine d'orrore adulto, nel senso più nobile del termine.


Patryck Ficini



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P.S.: Traduzione dal francese, adattamento e note a cura di Mario Gazzola.
Posthuman ringrazia Patryck Ficini e Sueurs Froides per la concessione di quest'articolo, di cui leggete la versione originale QUI, Coniglio Editore e Paolo Di Orazio per il brano dal romanzo. Ci auguriamo di rinnovare presto la collaborazione.

Last modified on Tuesday, 29 November 2011 17:29
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