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Tulpa - lo spirito ha i guanti neri

Written by  22 Jun 2013
Published in Cinema
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Il thrilling di Zampaglione è un appassionato ed efficace omaggio alle atmosfere argentiane dei '70, ma non sfrutta a fondo lo spunto sovrannaturale del titolo.

 



 

Federico Zampaglione ritorna sulla via del thriller horror con Tulpa, uscito il 20 giugno in 74 sale italiane: dato il buon successo raccolto dal suo precedente Shadow all’estero, non è impossibile che Tulpa riesca nel (manifesto) intento di rivitalizzare la stagione del “giallo all’italiana”, mitizzato dai Tarantino, Carpenter, Tim Burton e compagnia, ma ormai lettera morta (come quasi tutto, certo) nell’infelice Belpaese d’origine. Potrebbe essere il titolo che aprire il cammino per una specie di “Rinascimento giallo” italico, all’insegna dei Butterfly Room di Zarantonello, del collettivo P.O.E. - Poetry Of Eerie ad episodi, insomma per una timida rinascita del perduto cinema di genere da queste parti.

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Tale è il ruolo per cui – fin da Shadow – la rivista Nocturno sostiene il cammino del regista-musicista romano con “vivo e vibrante” entusiasmo (soprattutto nei pezzi di Pulici). E, sempre su quest’aspetto, si gioca alla fine tutto il dibattito fra sostenitori, che vedono finalmente una luce in fondo al tunnel per il genere italico, e detrattori, che ogni volta vedono deluse le proprie aspettative nel confronto coi modelli storici di riferimento (eccone ad es. uno QUI, documentato quanto acuminato).

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Insomma, siamo o non siamo all’altezza dei miti degli anni ’70? Forse il miglior equilibrio fra le due posizioni lo esprime il giallista Stefano Di Marino, curatore nel 2009 dell’antologia “Il mio vizio è una stanza chiusa” (Giallo Mondadori) e autore in essa del saggetto “L’avventurosa storia del thrilling”, prezioso manuale d’approccio al giallo italiano per chi volesse approfondire evoluzione e percorsi del genere cinematografico. Scrive Di Marino sulla sua pagina facebookinsomma, ne sono uscito soddisfatto, anche pensando che quei film che ci piacevano tanto non erano perfetti. Garantivano 90 minuti di divertimento. E Tulpa pure...”.

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Vero. Tulpa si fa vedere con gusto dal giallo-fan dall’inizio alla fine. Parte, come dice Di Marino, “con una sequenza più Argento di Argento (eh, riuscisse ancora lui a fare film così!)”, anche bella tosta sul piano sexploitation, diciamocelo (foto qui a sinistra).

E procede sulla stessa linea, alternando scene di realismo contemporaneo (la Gerini (foto in alto a sinistra) è una yuppie della finanza romana nella finanziaria capitanata dall’inflessibile Placido) alle scorribande notturne della protagonista (che nella foto sotto a sinistra ne mostra le conseguenze sulla pelle), per una volta fortunatamente rese senza penosi moralismi censorii, in un torbido sex club privato (dai meandri rossastri - foto qui a destra - come i corridoi di Solo Dio Perdona) a successivi omicidi, sempre più efferati (di cui vedete un bel campionario nelle foto sotto), da parte del classicissimo killer in nero, per cui accanto a quello di Argento s’è scomodato anche il nome di Fulci (anche per la collaborazione di Dardano Sacchetti a soggetto e sceneggiatura).
Fino ad un finale, che ovviamente vi lasciamo scoprire, che però io metto fra i difetti di un film sì gustoso, ma anche “imperfetto”.

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Difetti che, come dice sempre il Di Marino, consistono effettivamente in qualche ingenuità di sceneggiatura (i tipi psicologici un po’ schematici, confronti e scambi un po’ “telefonati” e irrealistici: in una finanziaria top, anche se si è rivali, non ci si sfida apertamente, tantomeno schiaffeggiando una collega in corridoio, cose così), ma anche nell’assenza di suspence che porta a far morire alcuni personaggi prima ancora che si sappia chi sono e come sono legati alla protagonista.

Ok, ammetto di non aver notato gli errori di regia citati dal blogger sopra linkato. Ma la “colpa” più grave di Tulpa secondo me è altrove: sta nello spreco dell’eccellente spunto del titolo. Cos’è un “tulpa”? <<È un’entità incorporea creata attraverso particolari metodi di meditazione dai monaci buddisti tibetani. Una "forma di pensiero" estremamente potente, della stessa natura delle altre apparizioni: se ne differenzia, tuttavia, perché non è frutto del caso ma il risultato di un processo mentale, di un atto della volontà. Il termine tulpa è di origine tibetana, ma in tutto i mondo adepti del Buddismo affermano di essere capaci di creare apparizioni simili e dicono che è sufficiente captare una parte dell'energia spirituale dell'Universo infondendole una determinata forma e poi trasferirvi un po' della propria energia vitale>>.
Attingo queste informazioni da questo forum, ma se cercate in rete troverete gli stessi concetti in molti altri siti e forum dedicati al misticismo orientale, all’esoterismo etc.

Last modified on Monday, 24 June 2013 11:28
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