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Le Metamorfosi del vampiro - 3

Written by  14 Sep 2010
Published in Cinema
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La creatura più versatile e “mutante” dell’immaginario fantastico di tutti i tempi (e di tutte le culture) continua a rinnovarsi, al cinema come in letteratura e nel fumetto, prestandosi alle metafore più diverse: dalla politica all’eros, dal romanticismo adolescenziale all’accettazione della diversità e a temi etico filosofici “alti”.

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Terza parte ed ultima (chissà…) della nostra cavalcata a briglia sciolta nella galassia vampirica: nella prima parte (che leggete per esteso su Nocturno QUI), siamo partiti dall’attualità (mostre, opere teatrali, film recenti) per mostrare come la creatura più duttile e “culturalmente mutante” dell’immaginario fantastico di tutti i tempi si adatti alle evoluzioni della società e dei suoi linguaggi, offrendosi a sempre nuove declinazioni, fra le quali abbiamo inizialmente messo a fuoco quelle politico sociali, apparentemente le più distanti dalla figura del solitario dandy mantellato dai canini lunghi.
Nella seconda parte di questo servizio (che leggete su Vitapensata: QUI) abbiamo approfondito le origini del mito del vampiro e la sua capillare presenza nelle leggende popolari e arcaiche di buona parte delle civiltà del globo, a qualsiasi latitudine e in qualsiasi epoca storica, forse un’altra, forse LA cagione del suo universale e intramontabile successo.

A questo punto, torniamo al cinema e allarghiamo lo sguardo sulle più disparate e talvolta imprevedibili declinazioni e in cui la figura del vampiro ha saputo rigenerarsi, continuando ad abitare le correnti più recenti del cinema di genere, post Matrix e post Kill Bill (i due capisaldi che fungono da pietre miliari dell’evoluzione del cinema di genere recente), suggendo sempre nuova linfa ora dal mondo dei fumetti, dei manga, degli anime e dei videogiochi, ora da sponde “alte” come la filosofia, le riflessioni etico religiose e così via.

Oddio, a ben vedere, il rinnovamento non è un “salto” che possiamo individuare fra un prima e un dopo, è un processo costante: ad es. il dossier n. 1 di Nocturno (“Vampiria”) intraprendeva il viaggio partendo dagli anni ’60, con i film della Hammer, che innalzano il tasso emoglobinico ed esplicitano le metafore erotiche del fatal morso rispetto ai classici della Universal degli anni ’30, cui dobbiamo la definizione del cliché estetico di Dracula, oggi a tutti noto come un gentiluomo ‘800esco dai capelli neri impomatati e dal lucido mantello. In effetti, l'ultima parte della produzione Hammer, in bilico tra crepuscolarismo estetico ed esigenze (non sempre azzeccate) di rinnovamento, spostò la focalizzazione vampiresca dallo zannuto Dracula alla Mircalla-Carmilla di Le Fanu.

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Questo trittico settantesco, chiamato la Trilogia dei Karnstein, nasce e si esaurisce giusto in un triennio (1970-1972), ovvero un film all'anno, da Vampiri Amanti a Mircalla, l'amante immortale per concludersi in Le figlie di Dracula che col vampiro di Stoker c'entra poco, tirando esso in ballo piuttosto l'Inquisizione e la stregoneria. Ad ogni modo, la teutonica trilogia, reperibile su YouTube, avrebbe dovuto sottrarre la Hammer dalla malasorte, andando appunto a corteggiare il saffismo che il pubblico smaliziato di quegli anni pareva apprezzare, ma il risultato non fu certo dei migliori. A ben vedere, il film più autenticamente erotico resta ancora oggi il primo della serie, per la regia di Roy Ward Baker, con la bella e pettoruta Ingrid Pitt che gigioneggia, zinne al vento e lingua dardeggiante... ops, canini sfoderati, con l'altrettanto bella e pettoruta Madeline Smith, regalandole infine un morso sui prosperosi seni (ormai il collo è superato, come vedete nella foto a destra). Ma la Hammer ha gli anni contati: si trascina zoppicante per i Settanta, sparando gli ultimi colpi con il gotico-marziale La leggenda dei sette vampiri d'oro, 1974, e si rannicchia nello spazio angusto del televisore per i primi Ottanta. Poi chiude i battenti e ritorna in attività di recente. Rispolverando i suoi vecchi proiettili d'argento come Christopher Lee, scritturato per The Resident. Ma le sorprese non finiscono, perché la compagnia alimenta vecchie fiamme mai sopite, ovvero quell'assetante non so che di gotico-emoglobinico dei fasti draculeschi, ed ecco che l'imminente remake americano di Lasciami entrare (Let Me In, di cui qui a sinistra vedete una locandina mentre della versione di Alfredson abbiamo già parlato nella prima parte del servizio), tra le varie fonti di finanziamento, si avvale di una quota Hammer. Il lupo perde il pelo ma non il vizio.

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Naturalmente, il turbolento decennio dei ’60 era destinato a innovare radicalmente gli stilemi del gotico anche fuori della perfida Albione: ecco quindi che l’incendio divampa immediatamente nel libertino maggio parigino, dando inizio alla carriera di Jean Rollin, che su vampire sexy, spesso nude e lesbicheggianti ha edificato la propria nomea di nicchia nel cinema bis; per sviscerare la quale servirebbe un corposo saggio ad hoc, per cui per ora vi rimandiamo semplicemente al citato dossier di Nocturno e a un nostro articolo qui.

Nello stesso periodo, tracimava anche la sconfinata filmografia ero-horror dello spagnolo Jess Franco, sul quale è difficile aggiungere qualcosa al doppio dossier nocturniano (60 e 61) “Succubus” (tutt’al più occorrerebbe forse “togliere” qualcosa, nel senso di temperare l’entusiasmo da fan evidenziando anche le numerose pellicole inguardabili realizzate dal tìo Jess).

Sicuramente, però, un mondo espressivo cui avrebbe guardato in pieni anni ’80 Tony Scott per il suo decadente Miriam si sveglia a mezzanotte dark (e incredibilmente lesbo-sexy in epoca reaganiana), un nostro piccolo culto sul quale non staremo a tornare ancora, immaginandolo sufficientemente noto a voi cinefili, insieme agli altri capisaldi mainstream del rinnovamento vampirico: il sontuoso e plumbeo Nosferatu di Herzog, il filologico e “americano” Bram Stoker’s Dracula di Coppola (alta matrice del “vampiro romantico” oggi di gran moda), L’Intervista col Vampiro pieno di rimorsi di Neil Jordan, il fumettistico Dal Tramonto all’Alba di Rodriguez/Tarantino. Tutta roba che sapete a memoria.

Come anche sapete dell’esistenza delle parodie, da Gianni e Pinotto (nel ’51!) al più blasonato Per Favore non mordermi sul collo di Polanski, da Fracchia contro Dracula allo Zora la Vampira dei Manetti, fino all’imminente e inevitabile parodia in stile Scary Movie della Twilight-saga (Mordimi). No, in questa sede vogliamo dedicarci a delle declinazioni più originali del tema, nel senso di sintesi (filmicamente buone o mediocri) più particolari e sconosciute, o quantomeno più attuali.

Iniziamo dalla FANTASCIENZA
oltre al soft sexy ma sciatto Space Vampires del Tobe Hooper mid-Eighties, non dobbiamo dimenticare che di vampiri in fin dei conti parlava il romanzo Io Sono Leggenda di Matheson, per quanto curiosamente esso venga considerato implicitamente il punto di partenza della Notte dei Morti Viventi di Romero e quindi del cinema zombesco.
Alla fine dove sta la differenza fra i due filoni? Fondamentalmente nell’individualismo: lo zombie è sempre (se non erro, direi fino al romanzo Abel di Claudia Salvatori) “decerebrato”, quindi la sua è la minaccia dell’orda selvaggia (già, l’imminente La Horde francese). Il vampiro invece è intelligente, spesso astuto, quindi agisce individualmente, è un solitario dalla ricca psicologia. Ma di vampiri parlano comunque L’Ultimo Uomo della Terra di Ubaldo Ragona (precursore italiano di Romero già nel ’64) come il recente (e becero) blockbusterone Io Sono Leggenda di Francis Lawrence col pessimo Will Smith (di cui però già incombe un sequel-prequel), tutti film ambientati in un imminente futuro e più o meno fedelmente ispirati al romanzo di Matheson.

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Nella prima parte vi abbiamo già parlato del futuribile Daybreakers, quindi non ci ritorniamo qui, anche se di fanta-vampiresco trattasi a tuti gli effetti, passando invece segnalarvi il curioso Perfect Creature (2006, foto qui a destra), di Glenn Standring che fonde un’ambientazione imprecisatamente futuribile con un décor da Inghilterra vittoriana, così connettendosi al cosiddetto filone del fantastico steampunk (cfr. Nocturno di settembre); la pellicola neozelandese mette in scena un precario patto di convivenza umani-vampiri, messo in pericolo dalle brame sanguinarie del luciferino vampiro-cattivo Edgar.
E non dimentichiamo che di “virus emofago” parla anche il fanta-videoludico Ultraviolet del 2006 con la bellissima Milla Jovovich, anche se in questo delirio fumettistico tutto cliché patinati, sparatorie acrobatiche e duelli alla katana (appunto, l’immancabile derivazione Matrix-Kill Bill di cui sopra), il coté action schiaccia qualsiasi pretesto vampiresco.

ACTION
Ma il brutto film di Kurt Wimmer ci serve per ricordare che il cinema commerciale USA, in anni recenti, ha fin troppo spesso fuso ambientazioni gotico futuribili, derivazioni fumettistiche e armamentari guerreschi micidiali con le inevitabili capriole virtuosistiche di atleticissimi succhiasangue e relativi cacciatori: nascono così le parallele trilogie di Blade (con Wesley Snipes, super attrezzato cacciatore di vampiri blaxploitation), figlia di un celebre comic Marvel degli anni ’70; e Underworld, trittico originale, ossia non derivato da un fumetto, anche se potrebbe benissimo esserlo come iconografia; trittico (per ora, un 4° è nell'aria) concluso nel 2009 dal prequel La ribellione dei Lycans, che trasporta la vicenda nel passato, all’origine del secolare conflitto vampiri-licantropi, così fondendo la saga vampiresca con un immaginario più fantasy-medievale.
Insomma, blaxploitation per il “diurno” Blade, un pioniere del soprabito in pelle, contro un gotico moderno e matrixianamente irto di trench neri, sotterranei bluastri, vampiri bellissimi… cos’hanno in comune le due mini-saghe per accostarle, dunque? Proprio la vocazione action, che alla fine prevale sull’atmosfera e sull’horror in senso stretto: gli immancabili combattimenti acrobatici con attori volanti, fermi immagine, ralenti sui dettagli e tutto l’armamentario di effetti speciali che costituiscono l’abc del cinema d’azione contemporaneo inventato dai frateli Watchowsky e da Tarantino, che infesta inutilmente anche il mediocre La Setta delle Tenebre (2008) di Sebastian Gutierrez, su cui non c’è molto altro da aggiungere alla recensione che già ne facemmo in anteprima.

WESTERN
Una componente, quella dell’azione frenetica e violenta, che troviamo decisamente presente anche nell’horror-western Vampires di Carpenter (1998) col torvo James Woods; per le atmosfere desertiche, quasi un remake de Il Buio Si Avvicina della Bigelow, ma che risente sicuramente anche del tarantiniano Dal Tramonto all’Alba (giallo-western-horror, a sua volta padre di 2 meno noti sequel straight to video, oggi disponibili in unico cofanetto), il quale era infatti uscito giusto d’un paio d’anni prima.

FANTASY

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Per tornare agli sconfinamenti della matrice gotico vampiresca verso il fantasy postmoderno, un ottovolante passato-presente-futuro ben più folle di Perfect Creature lo mette in scena il blockbuster russo I Guardiani della Notte di Timur Bekmambetov (una scena qui a sinistra), incipit dell’ambiziosa (e ad oggi tuttora incompiuta) trilogia (dopo I Guardiani del Giorno, da noi uscito solo in hv, la produzione de I Guardiani del Crepuscolo non è ancora iniziata) tratta dai romanzi di Sergej Luk'janenko, in cui i vampiri convivono con mutantropi, streghe e stregoni, profezie-occultismo-technothriller e chi-più-ne-ha-più-ne-metta. Film stordente nel suo accumulare sottotrame e riferimenti visivi agli ultimi 20 anni di cinema horror fantastico internazionale, come se il cinema russo cercasse di recuperare il tempo perduto, vale comunque la visione proprio per una ricchezza visionaria da cui è affascinante lasciarsi travolgere.

FUMETTI, ANIME
Fumetti, fumetti… quanti “vampiri di carta” ci sono in questo servizio? Non di solo Blade vive il sangue, certo: per es., c’è anche il discreto 30 Giorni di Buio, niente di trascendentale ma visibilissimo e tratto dalla (quella sì) strepitosa saga a fumetti di Steve Niles/Ben Templesmith: “30 Giorni di Notte”, con succhiasangue tornati completamente e assolutamente oscuri, cattivi e… artici! Sì, siamo sempre nel campo di un action horror vagamente carpenteriano (La Cosa), ma l’idea dell’ambientazione nella notte artica è elementare quanto geniale (e ci risulta che il sequel, ambientato a New Orleans come il secondo episodio del fumetto, sia già in cantiere).

Mentre, in campo di animazione (e di cultura nipponica), l’interessante quanto breve (45’) Blood – the last vampire (2000) di Hiroyuki Kitakubo dal romanzo di Mamoru Oshii (già regista dei Ghost in the Shell e dell’ottimo Avalon) e prodotto dalla Production IG (che ha curato la parte animata di Kill Bill I) consiste di un interessante innesto di retro s/f (ambientazione nel ’66 in Viet Nam), spade da samurai maneggiate da una cacciatrice adolescente e mostruose creature demoniache. Viste da un occhio… a mandorla, ovviamente!

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Il quale non ha mancato di generare a sua volta un ulteriore spin-off in carne ed ossa: The Last Vampire - Creature nel buio, da noi uscito quest’estate direttamente in hv Sony; ancora una volta ci troviamo fra katana e superpoteri (un'immagine qui a destra).

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Stessa sorte (generare un film con attori, che uscirà nelle sale nel 2011) è toccata finalmente anche al darkissimo manga (o manhwa) di Hyung Min-Woo Priest, con Thirst di cui parliamo più avanti l'altro esempio di fusione fra cultura orientale, religione cristiana (o almeno sua iconografia angeli-demoni-preti-inferno etc.). Del fumetto vedete un'immagine qui a sinistra, mentre il film avrà la locandina che vedete in apertura del servizio: curioso che la pellicola abbia trasformato proprio in vampiri gli angeli caduti con cui combatteva il religioso rinnegato Ivan Isaacs nella storia a nuvolette (peraltro irta anche di schiere di zombie). Del film si sa che schiera lo stesso team regista-protagonista (Scott C. Stewart e Paul Bettany, con Sam Raimi coproduttore) del pure "celeste-pulp" Legion, che forse avrete già visto al cinema o in dvd; e che modifica l'ambientazione del manga, da uno strano west con cavalli, diligenze e armi moderne, a un futuro apocalittico (che ricicla scenografie bladerunneriane), in cui il totalitarismo religioso ha tratti orwelliani.
E' presto per trarre conclusioni, non è detto che si tratti di un capolavoro e non dell'ennesimo action hollywoodiano che ha preso alcuni spunti dal manhwa di culto per gettarli in un nuovo picchiaduro che dei molti strati di senso (e riferimenti culturali) del fumetto non serbi che un lontanissimo aroma innocuo per i palati mcdonaldizzati (e il trailer disponibile non fuga del tutto il dubbio), ma va detto che - almeno sulla carta - il soggetto contiene praticamente tutti gli elementi di cui parliamo in questo servizio: derivazione comic, azione, fantascienza, western. etica e religione, atmosfere dark... tutto. E questo, oltre all'essere una succosa primizia, gli vale la pole position di dare l'immagine di riferimento per l'intero speciale.

Va da sé che – con l’aiuto della CGI – il rapporto fra fumetti, cartoni animati, video game e cinema con attori “reali” si fa sempre più stretto. Cinema d’azione e d’effetti speciali, trasposizione di classici supereroi e, ovviamente, horror… ci si preannuncia alle porte per la prossima(e) stagione(i) una vera valanga di brividi 3D, all’interno della quale si è già ovviamente scatenato un formicolante chiacchiericcio sul peraltro ancora misteriosissimo Dracula 3D, annunciato da Sua Maestà Dario Argento (di cui a destra vedete una bozza di locandine presumibilmente del tutto ipotetica).

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Ma, ad esser dei veri filologi, andrebbe indagato anche l’oscuro e morboso legame che stringe in un abbraccio di sangue e perversioni il fumetto sexy horror pulp nostrano con l’omologo filone del b-movie anni ’60 e ’70 di cui vi abbiamo accennato sopra. Un legame che ha origine probabilmente col personaggio americano di Vampirella e ha diramazioni in quei fumetti pulp italiani “impresentabili ai genitori” che negli anni ’70 si sbirciavano nelle camere dei fratelli maggiori: testate impagabili come Oltretomba, Sukia (!), Jacula (!!) e appunto lo Zora già omaggiato al cinema dai Manetti Bros, tutti popolati voluttuose protagoniste ricalcate sulle fattezze di Ornella Muti o di altre sexy dive del momento. Materia per un altro libro anche questa: libro che, fortunatamente, almeno nel campo del fumetto (se non anche delle derive filmiche) esiste già, è VIETATO AI MINORI - Vamp e vampire:Jacula, Zora, Sukia e Yra, a cura di Graziano Origa (Rizzoli 2007). Purtroppo, in questo campo l'osmosi filmica è sbarrata dalla censura di mercato: qualsiasi pellicola attuale percorresse lo stimolante cammino di un conturbante horror erotico che fonda desideri trasgressivi e brame sanguinarie si condannerebbe da sé al limbo dei festival e dei circuiti alternativi.
Quelo toccato più o meno a tutti i film di cui si va a trattare di seguito.

FILOSOFIA, ETICA E METACINEMA
E ora, alati pensieri. Sarebbe opinabile se sia un film “vampiresco anomalo” o “filosofico cannibalico” il Cannibal Love – Mangiata Viva (Trouble Every Day) di Claire Denis del 2001, con un’intensa Béatrice Dalle e Vincent Gallo genetista eretico, in cui torna ad incarnarsi (mai termine più appropriato) in moderne forme di cinema autoriale anticonvenzionale il mito della mantide, creatura dalla sessualità esuberante e letale come una moderna LIlith (recuperatelo assolutamente ora che si trova in dvd italiano CG!). La morbosa pellicola francese - quand'anche apocrifa come vamp movie - ci traghetta sul versante più filosofico, intellettuale e metacinematografico della nostra analisi. Interzona di film oscuri, anche nel senso di difficili da trovare e misconosciuti al grande pubblico, ma – come spesso accade – proprio per questo da scovare e valorizzare.

In quest’area troneggia sempre l’immenso The Addiction di Abel Ferrara (1995), coi suoi vampiri-filosofeggianti nei bassifondi di una NY undeground in b/n come nei primi corti punk di Richard Kern. Ma, trattandosi di film già “canonizzato” criticamente, noi ve lo ricordiamo en passant spostandoci subito su un film quasi gemello per ambientazione metropolitana contemporanea e fotografia in b/n: Nadja di Michael Almereida (prodotto da David Lynch, che vi compare in un cameo); film che in verità precede di un anno il capolavoro di Ferrara, ma senza la medesima lucidità concettuale e programmatica nell’analizzare il rapporto fra i fratello e sorella protagonisti, divisi dal rapporto con un padre vampiro; e questo benché il film sfoggi un lussureggiante apparato visivo (e musicale, che spazia dai Portishead ai My Bloody Valentine), che alla fine ne rimane il pregio più deciso.

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Interessanti riflessioni sul vampirismo come lotta contro il tempo “alla Dorian Gray” è sviluppata anche nel film di debutto del geniale Guillermo del Toro: Cronos (1993), uno dei pochi film (l’unico?) guidato da personaggi vecchi, ché tali sono sia il protagonista “buono” sia l'antagonista “cattivo”, il cui scontro ruota intorno al sinistro aggeggio scarabeiforme di un antico alchimista, la cui puntura dona appunto vita eterna (e chi l’agogna di più dei vecchi?), ma a prezzo della mutazione vampiresca cui si può essere più (il cattivo) o meno (il buono) disposti. Altro film inconsueto nel panorama, che sarebbe ingiusto condannare all’oblio dei “minori”.

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Minore dobbiamo concordare, e con dispiacere, che lo sia invece Thirst, film del 2009 del grandissimo Park Chan Wook (regista dell’immenso Old Boy e dell’intera Trilogia della Vendetta), che aggiorna in versione coreana il dilemma uccidere per vivere-accettare di morire con il suo interessantissimo apparato filosofico “meticcio” di cultura (e ambientazione) orientale ed etica cristiana (il protagonista è un prete cattolico coreano). Film passato in Italia solo ai festival, come ogni opera di Wook è girato magistralmente, eppure purtroppo non riesce a scuoterci quanto la tragedia edipica di Old Boy o la spietata vendetta di Lady Vengeance facendoci sentire profondamente il dualismo fra desideri vitali (sangue alimentare, sesso tentatore) e motivazioni etiche all’origine del contagio (il prete muta prestandosi a un esperimento per curare un virus mortale).

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E alla fine i temi si sfilacciano un po’ nelle componenti grottesche delle scene familiari-pulp o sui pazzeschi poteri (gli immancabili voli sui tetti di notte) del prete-vampiro.

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Restando in ambito orientale, assai più riuscito è il nipponico Marebito (2004) di Takashi Shimizu (regista di Ju-On/The Grudge), il quale – grazie a quell’inquietante indeterminatezza che i giapponesi riescono ad infondere alle loro creature fantastiche rispetto ai registi americani, che devo sempre “spiegare” tutto – fonde felicemente una misteriosa vampira muta scovata nelle viscere della metropolitana di Tokyo, con le ossessioni meta cinematografiche del protagonista (Shinya Tsukamoto, il regista di Tetsuo), un video maker che vive attraverso la propria videocamera.

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Oltre allo sfumare dei confini fra reale e immaginario, il film di Shimizu si può anche leggere come metafora del rapporto divorante, quasi cannibalico, fra il regista e la propria opera (l’operatore arriverà ad uccidere per nutrire la misteriosa vampira muta), con gli immancabili riferimenti che spaziano da Cannibal Holocaust a Videodrome.

Abbiamo finito? No, coi vampiri non si finisce mai: abbiamo trascurato centinaia di titoli, tra pulp, trash, vero horror e commedia, divertimento adolescenziale e sicuramente qualche spunto interessante. Per esempio, ormai bisognerebbe includere nell’analisi per forza qualche serie televisiva, dopo il successo di Buffy (originata da un originale filmico del ’92 di scarso successo) e della più recente True Blood (al debutto in chiaro su MTV proprio quest’autunno), subito seguita da Vampire Diaries della CW (in Italia Mya Premium Gallery) e dall’annunciata Gates della ABC. I fan di Lost, 24 o 6 Feet Under – vampiri a parte – sostengono che le serie tv ormai siano spesso meglio dei film prodotti per le sale. Noi non ne siamo così sicuri ma… lasciamoci qualche argomento di discussione per il 2011, no?

Resta il fatto che - solo negli ultimi tre anni - possiamo assistere a film di vampiri come appunto Perfect Creature, Twilight (trilogia), Lasciami Entrare, Daybreakers e Thirst, che (belli o brutti) sono comunque asolutamente differenti fra loro per temi, trattamenti, ambizioni e ambientazioni. Quale altro 'mostro' conoscete in grado di fare altrettanto?
Buone visioni, forse un nuovo vampiro è già dietro l’angolo per sorprenderci nel buio.

Mario G & Marco Marchetti

Last modified on Saturday, 02 October 2010 21:14
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