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La Setta di Gutierrez, più azione che "tenebre"

Written by  21 May 2008
Published in Cinema
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Il film interpretato da Lucy Liu si schiera sulla linea dei "vampiri moderni", cercando anche qualche zona d'ombra nella protagonista, ma prevale la ricerca di ritmo e azione costanti, danneggiando la costruzione di un'atmosfera realmente... tenebrosa. Ascoltate l'intervista in streaming su CiaoRadio.

Eccoci puntuali a riferirvi sull’anteprima de La Setta delle Tenebre, che esce in sala il 23, come anticipavamo nel servizio sul cinema vampiresco che continuerà presto con nuovi approfondimenti su ristampe in dvd di film storici e altre chicche.

Il film scritto e diretto da Sebastian Gutierrez conferma alcune delle aspettative di cui leggete in quell’articolo e, d’altro canto, smentisce le speranze di vedere un nuovo capolavoro, o anche solo una pellicola che declini l’immortale mito del succhiasangue in nuove direzioni, dopo i vampiri-intossicati dal Male di Abel Ferrara, quelli con scrupoli morali di Neil Jordan, quelli protesi verso l’Amore Assoluto di Coppola, i drop out di frontiera della Bigelow e di Carpenter, gli esteti immor(t)ali di Tony Scott e così via.

Ma andiamo con ordine. Le conferme: questo “Setta” ha una piacevole ambientazione moderna da noir metropolitano, non nomina neppure la parola ‘vampiro’, se ne frega di croci e aglio e sguscia abbastanza agilmente fra i più triti cliché del genere (come l’immortalità: quando Sadie vampirizzata viene colpita dai proiettili, è sì vero che non muore, ma decisamente sente le ferite e l’estrazione sarà comunque un’operazione dolorosa); complessivamente si fa guardare da un punto di vista estetico e contiene anche qualche buona scena: ad es. il risveglio di Lucy Liu già chiusa nella celletta d’obitorio, quasi una citazione da Kill Bill (personalmente, io l’avrei messa addirittura in apertura).

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Qua e là il regista cerca anche di adombrare temi quasi ‘alti’, come quando la protagonista uccide il vecchio al dormitorio per nutrirsi, ne fa lo scempio di chi non ha mai morso un corpo per cibarsene e poi deve specchiarsi nella propria mostruosità, vedendosi osservata in silenzio da una bambina. Oppure quando si fa scrupoli all’idea di uccidere un austoppista e poi cede alla ‘fame’.


Ma, e qui vengono le dolenti note, nessuno di quegli spunti diventa ‘discorso’, restano tutti lì come potenzialità inattuate, a causa della scelta più difficile da scartare per un film di questo genere: quella di privilegiare un ritmo incalzante e un netto predominio delle scene d’azione rispetto ai dialoghi e alle atmosfere mefitiche, almeno altrettanto determinanti in un film di vampiri.
Evidentemente, come già anticipavamo nell’articolo precedente, la genìa dei Blade e degli Underworld ha sparso nel genere semi coi cui frutti dovremo convivere a lungo.

Certo, a imboccare la strada di dialoghi filosofici ambiziosi come quelli di Abel Ferrara ci si taglia le gambe col pubblico giovane; se poi si pigia il pedale del sesso – che pure il film qua e là sfiora, frugando in party equivoci, scoprendo qualche seno, accennando pure una scena lesbo e qualche scopata a velocità subliminale – oggigiorno ci si becca un rating che t’azzoppa nella distribuzione USA… insomma, se non sei un genio il cammino sembra segnato.

E Gutierrez, diciamocelo, un genio finora non lo sembra proprio. Forse il confuso Gothika e il non richiesto remake di The Eye non sono dei casi sfortunati: forse il Nostro è solo un autore “di scuderia”, non uno che imporrà mai una propria forte visione espressiva; comunque sia, i suoi dialoghi sono brevi e asciutti, come si conviene al prodotto d’azione, ma quando superano il minuto si scivola pericolosamente nel banale (il maledettismo da telefilm del vampiraccio Bishop o il mélo del dialogo investigatore-figlia vampirizzata, un’autentica occasione sprecata).
I suoi personaggi sono tutti piuttosto stereotipati, privi di caratteri interessanti: il poliziotto roso dalla morte della figlia (un must del noir), il vampiro elegante e sadico… solo il personaggio di Lucy Liu-Sadie si ritaglia qualche zona d’ombra, partecipando ad ambo gli schieramenti (caccia i vampiri ma è una di loro): purtroppo, come dicevamo, alla base non c’è una scrittura in grado di far lievitare quest’ambiguità.


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Un pregio del film rispetto agli esempi sopra citati, riconosciamoglielo, è che ci risparmia i trench di pelle nera e gli occhiali da sole matrixiani, come i duelli acrobatici a colpi di arti marziali e spade orientali killbilliane, ormai d’obbligo per un vampiro del XXI secolo. Salti, voli dai grattacieli e rutilanti effetti d’animazione 3D sono piacevolmente assenti da “Setta”, su cui spira una simpatica aria di personaggi umani, che camminano coi piedi per terra anche quando puntano una balestra su un nemico sovrumano e soffrono se colpiti, quasi un ritorno al buon b-movie horror degli anni ‘70.


Poi, in realtà le citazioni non mancano nella “Setta”: a partire dalla protagonista, presa proprio da Kill Bill e proiettata in un nuovo ruolo di vendicatrice alla Uma Thurman, alla citata scena della sua ‘sepoltura’ all’obitorio (la Thurman sotterrata viva da Madsen in K.B.2), oppure alla sua camminata frastornata per le strade di NY fino all’ostello dei poveri (qui si evocano i bassifondi e l’imagerie del vampiro-tossico di The Addiction); dai ciondoli a croce per scannare le vittime (Miriam), agli appendimenti a testa in giù con dissanguamento (Hostel2), fino a certi corridoi minacciosi e antri con uncini appesi a catene che sembrano presi di peso dalle scenografie del ciclo di Saw, di rimandi da intenditori se ne pescano a volontà, anche se il regista non cerca l’effetto metacinematografico-fumettistico-ironico alla Tarantino-Rodriguez.

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Purtroppo, se Gutierrez non è Tarantino quando scrive i dialoghi, non lo è nemmeno quando coreografa le scene d’azione, nessuna delle quali probabilmente rimarrà come una pietra miliare di originalità visiva nella storia del cinema action dark, anche se i colpi di scena accompagnati dagli astuti botti sonori ti strappano sempre qualche salto sulla sedia.


Nell’insieme, quindi, possiamo concludere che La Setta delle Tenebre è un onesto b-movie, nel senso letterale del termine: non autorizza rulli di tamburi critici, ma farà passare una simpatica serata al sangue agli amanti del genere (specie ai più giovani), meglio se accompagnati da fidanzate d'ordinanza.


Noi torneremo presto ad occuparci di canini affilati, parlando di qualche esempio di b-movie vintage povero quanto spiazzante dei ’60-’70, attraverso le ristampe di Jean Rollin.


Alla prossima.



Mario

N.B.:
Venerdì 23 è andata in onda su CiaoRadio l'intervista a Mario sul film condotta da Debora Montanari per Il Cinema alla Radio.
QUI potete ascoltarla in streaming.

All'anteprima con noi ha partecipato anche Lidia P, in cerca di chicche musicali legate al ruolo-cameo di barista che il torvo Marilyn Manson (per una volta struccato!) ha nel film. QUI leggete anche la sua recensione. Purtroppo, al momento si sa ancora poco della colonna sonora del film, che peraltro si chiudeva con una gustosissima canzone di Robyn Hitchcock, ma senza gorgoglii satanici del Reverendo.

Posthuman live-staff

Last modified on Monday, 09 June 2008 12:09
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